Dopo un anno e mezzo dall’omicidio di Saman Abbas arriva finalmente la sentenza per i genitori della giovane 18enne brutalmente uccisa. Il padre e la madre sono stati condannati all’ergastolo mentre 14 anni allo zio della 18enne uccisa. La sentenza emerge dal dispositivo della Corte di Assise di Reggio Emilia.
Nessun risarcimento al fratello e al fidanzato di Saman
Nessun risarcimento invece per il fratello e il fidanzato di Saman, costituiti entrambi parte civile nel processo sulla morte della 18enne. Risarcimenti sono stati invece concessi alle associazioni sulla violenza contro le donne, 25mila euro ciascuno, a quelle islamiche al quale sono stati concessi 10mila euro, all’Unione Comuni bassa reggiana, 30mila e al Comune di Novellara 50mila euro.
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Le parole del padre di Saman
“Volevo dire tutta la verità, sono state dette tante parole false“ ha dichiarato il padre di Saman Abbas nell’aula della Corte di Assise di Reggio Emilia nel giorno della sentenza definitiva. Shabbar Abbas è accusato di aver ucciso la figlia di 18 anni, la notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021. “Non è vero che sono una persona ricca, che sono legato alla mafia, che ho ammazzato qui o in Pakistan. Né che sono andato a casa di Saqib a minacciarlo. È falso quello che dicono che ho ammazzato mia figlia e sono scappato via, che il 29 aprile ho scavato la buca, che ho portato lo zaino a casa, dopo averla lasciata in campagna”.
“Io sono venuto con la mia famiglia in Italia -aggiunge – a luglio 2016, i bambini dopo 1 o 2 mesi hanno cominciato ad andare a scuola. Saman ci andava col fratello, li portavo io. Qualche volta andavano soli, lei però non voleva prendere il treno e mi ha chiesto di comprarle una macchina, ma senza patente le ho risposto che non poteva e lei ha detto che non voleva andare a scuola. A casa avevamo un computer che lei usava, parlava su Skype, diceva che studiava“.
Nessuna pietà da parte dei genitori di Saman
“Nessuno ha avuto un cedimento o un sentimento di umana pietà verso lo strazio che ha dovuto subire questa ragazza“, così ha parlato Gaetano Paci, procuratore di Reggio Emilia, nel corso della requisitoria del processo per l’omicidio di Saman Abbas. Secondo il procuratore è quindi necessaria una sentenza che possa far fronte all’oltraggio che la vita di questa ragazza, di soli 18 anni, ha dovuto subire.
Dalle analisi effettuate sul punto in cui Saman è stata seppellita è emerso che il tipo di pala utilizzato per scavare la fossa coincide con quelle che sono state trovate nell’abitazione dei genitori della giovane pachistana. Elemento che conferma che “non si è trattato di uno scavo improvvisato, ma che ha tenuto conto delle dimensioni del corpo della ragazza che doveva ospitare”.
Continuano a emergere dettagli agghiaccianti su questa vicenda, tra cui la causa della morte ormai accertata: uno strangolamento che ha portato alla rottura della parte sinistra dell’osso ioide. Secondo i periti una frattura del genere può essere stata generata tramite l’utilizzo della mani o di altre parti del corpo.
Un’ipotesi che coincide con le dichiarazioni dello zio Danish, che ha definito il cadavere di Saman come “steso a terra con il collo strano“.
Saman Abbas, annullati gli interrogatori resi dallo zio
Cancellati’ perché “inutilizzabili” nel processo i verbali dello zio Danish Hasnain, considerato l’esecutore materiale dell’omicidio. L’accusa nel processo per la morte di Saman perde una parte fondamentale, come scrive La Repubblica.
Nell’ordinanza di ieri della corte d’assise di Reggio Emilia, letta dall’AGI, i giudici spiegano che la procura ha commesso un errore modornale: inserì gli interrogatori del 3 novembre 2022 e del 10 marzo 2023 in un secondo fascicolo d’indagine per la sparizione della ragazza pachistana invece che in quello principale.
Un errore di distrazione procedurale che ha conseguenze. Poichè Danish in quei verbali ripercorse parte della tesi d’accusa, salvo negare le sue responsabilità.
“Ho visto Saman morta – afferma Danish – sdraiata con il collo strano, stretto. Io ho cominciato a urlare forte, a maledire tutti, a piangere e ho perso i sensi. Quando mi sono risvegliato i due cugini mi hanno sorretto e mi hanno dato dell’acqua. I due l’hanno presa, uno dalle gambe e uno dalle braccia“.
“Successivamente hanno appoggiato il corpo davanti al casolare, dove vi avevo già fatto vedere, e sono andati a prendere le pale lì vicino alle serre. Mi hanno chiesto una mano ma non me la sentivo, ho spostato a mani nude solo la terra a lato della buca. Poi sono tornato da Saman e ho continuato a piangere e parlarle”.
Danish disse anche che i due cugini, anche loro imputati, gli avevano detto che “era stata la madre a uccidere la ragazza”. Lo ‘sbaglio’ della procura che vanifica queste parole è, secondo la Corte, di aver aperto un secondo fascicolo non contenente “episodi criminosi o temi investigativi oggettivamente o soggettivamente diversi” rispetto a quelli del primo.
I giudici hanno accolto così le richieste degli avvocati Luigi Scarcella e Liborio Cataliotti, legali del cugino Nomanulhaq e dello zio Danish. E’ la seconda volta che nel processo vengono annullati dei verbali.
Saman: il funerale
La Corte di assise di Reggio Emilia ha concesso il nulla osta per la restituzione della salma di Saman Abbas. Si potrà quindi procedere con l’organizzazione dei funerali per un ultimo saluto alla giovane 18enne.
Fratello Saman: “Mi sento italiano”
Spuntano delle nuove dichiarazioni del fratello di Saman che risponde alle domande dell’avvocato Liborio Cataliotti, legale dello zio Danish nel processo per l’omicidio della sorella. “Io ora mi sento italiano, prima ragionavo in un altro modo perché ero cresciuto nella cultura della mia famiglia. Da piccolo ero cresciuto in questa cultura e avevo lo stesso modo di pensare dei miei genitori“, afferma.
Il fratello di Saman aggiunge che il suo percorso in comunità lo ha cambiato: la gente parlava in Pakistan e gli era stato vietato di pubblicare foto del bacio su Internet. “Oggi penso che i miei familiari hanno fatto una cosa sbagliatissima” continua.
Ali Heider, accusa zio e cugini
Dopo le prime domande sul telefono utilizzato all’epoca dei fatti e sulle date in cui venne interrogato dagli investigatori, Ali Heider torna ad accusare lo zio Danish Hasnain e il cugino Nomanhulaq.
“Ho visto tutta la scena. Io ero sulla porta. Mia sorella camminava, lo zio l’ha presa per il collo e l’ha portata dietro la serra. Ho visto i cugini, solo la faccia”.
E sui messaggi che lui stesso avrebbe fatto leggere ai famigliari e che avrebbero innescato il piano di uccidere la giovane dice “Ho pensato fossero solo parole, non ero sicuro fossero fatti. Non ho mia, mai, mai pensato, mai neanche immaginato”.
“Mamma e papà facevano i piani”
Ali Heider non risparmia nemmeno i genitori e l’altro cugino Ikram Ijaz.
Secondo quanto testimoniato in aula la madre e il padre collaborarono nella pianificazione dell’omicidio.
“Mentre facevano i piani, io stavo sulle scale ad ascoltare, non tutto ma quasi. Ho sentito una volta mio padre che parlava di scavare”.
La riunione di cui parla il giovane durò circa due ore e mezza, durante le quali Ali dice di ricordare che si parlò anche di “passare dietro le telecamere”.
Ma non solo. Secondo quanto raccontato in aula, la sera del 30 aprile “mia mamma ha accompagnato Saman sino ad un certo punto, poi è tornata indietro. La mamma guardava tutta la cosa che è successa, mentre mio zio prendeva mia sorella lei guardava, guardava quello che stava succedendo”.
“Sapevo che era stata seppellita, ma non lo dissi per paura di mio padre”
Nel corso dell’udienza Ali Heider ha dichiarato di essere a conoscenza dei fatti.
Il giovane infatti, prima di partire per Imperia pochi giorni dopo la scomparsa, avrebbe chiesto al cugino Nomauhlaq dove si trovasse Saman per poterla abbracciare. Questi gli confessò che era stata seppellita, ma non gli rivelò il luogo esatto.
E alla domanda del perché non lo avesse detto al pm durante il primo interrogatorio, nel giugno 2021, dice di aver avuto paura della reazione del padre e di poter ricevere la stessa sorte della sorella.
Ha inoltre confessato, sempre per paura del padre – dal quale in aula era protetto da un paravento, da lui stesso richiesto per non incrociare lo sguardo dei parenti -, di aver mentito sull’innocenza dei cugini.
“Ho detto una bugia perché mio padre mi disse di farlo, mi ha detto di non dire niente. Io da piccolo avevo paura di mio padre e di mio zio. Quando sono andato dall’altro giudice, ho detto che non hanno fatto niente, ero costretto da mio padre”.
Il giovane scoppia in lacrime, “Mi fa troppo male”
Dopo una breve pausa nel pomeriggio, al ragazzo sono stati mostrati alcuni video in cui compare anche Saman. A quel punto il giovane è crollato in un pianto disperato, “Mi fa troppo male” ha detto.
Nonostante ciò, dopo una lunga riflessione, il giovane ha però acconsentito a continuare l’udienza in quanto desideroso che venga rivelata tutta la verità sulla vicenda una volta per tutte.
Il giudice distrettuale di Islamabad, in Pakistan, ha espresso parere favorevole all’estradizione di Shabbar Abbas, il padre di Saman Abbas, la 18enne di origini pakistane uccisa a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, il 1 maggio 2021. In particolare è stato confermato, da parte di un funzionario del Ministero dell’Interno pakistano, che Shabbar “sarà portato in Italia con un aereo charter“.
Le parole di Ayub, il fidanzato di Saman
“Saman era triste e aveva paura“, “quando lei era in comunità mi diede un elenco di numeri di persone da chiamare se le fosse successo qualcosa”. Lo ha detto davanti alla Corte d’Assise di Reggio Emilia Saqib Ayub, il fidanzato di Saman Abbas. Il padre della vittima Shabbar Abbas si è invece avvalso della facoltà di non rispondere.
Nel corso della deposizione, il ragazzo ha sottolineato che Saman aveva il terrore che il padre Shabbar potesse metterla in pericolo, ma anche che era preoccupata per le minacce ricevute da lui e dai suoi genitori in Pakistan.
“Saman mi disse che suo padre era stato il mandante di un omicidio i cui esecutori erano stati due suoi parenti e un africano che poi erano finiti in carcere” ha detto Saquib.
“Saman mi disse che aveva paura e che – continua – se non l’avessi sentita due o tre giorni, avrei dovuto chiamare i carabinieri. Cosa che poi feci il 4 maggio del 2021. L’ultima volta che l’ho sentita era molto preoccupata. Mi disse che sua madre girava per la stanza. Ho ricevuto una chiamata di minacce dal profilo Instagram della madre Nazia da parte di un uomo che – conclude il giovane – secondo Saman, era suo zio Danish“.
Padre si avvale della facoltà di non rispondere
Shabbar Abbas, imputato per l’omicidio della figlia 18enne assieme ad altri quattro familiari, ha scelto di non parlare. Il 46enne, presente in aula con i suoi avvocati dopo l’estradizione, si è infatti avvalso della facoltà di non rispondere. “Una scelta tecnica – ha motivato il suo difensore Enrico Della Capanna -, probabilmente rilascerà spontanee dichiarazioni in aula dopo che avrà sentito la testimonianza del figlio”.
Il fratello di Saman, da poco diventato maggiorenne, che vive in una comunità protetta, verrà infatti ascoltato nelle prossime udienze. È considerato il teste chiave dell’accusa e ha sempre indicato come esecutore materiale del delitto lo zio Danish Hasnain. “La difesa dello zio sta cercando di spostare l’attenzione sulla madre, come autrice del delitto. Ma stando ai filmati delle telecamere non avrebbe avuto il tempo materiale per andare e tornare dalle serre”, ha aggiunto Della Capanna a margine.
Saman: le indagini sulla fossa
Saman Abbas è stata sepolta per oltre un anno nella campagna emiliana. Secondo la perizia la tomba è stata scavata per sei volte. Grande attesa per oggi nel processo a carico di cinque familiari della ragazza, accusati di averla uccisa perché si era opposta a un matrimonio forzato in Pakistan. Nella perizia di oltre 500 pagine si legge: “Il fatto che il terreno sia ben stratificato determina che questa parte del riempimento si sia in realtà costituita da una serie di 6 eventi che si sono susseguiti nel tempo e che non possono assolutamente essersi depositati in un unico momento“.
Omicidio Saman, Tajani: “Risolviamo casi difficili”
“C’è stato uno sforzo della nostra diplomazia per ottenere l’estradizione del padre di Saman la nostra ambasciata ha fatto trattative efficaci nonostante il tentativo dell’avvocato di evitarlo” ha dichiarato il vicepremier Antonio Tajani in una conferenza stampa nella sede del partito. Come per Zaki e per Alessia Piperno l’Italia ha fatto il suo lavoro. “Una persona che si era macchiata di un delitto orrendo. L’avevano arrestato per truffa? Ora potrà essere giudicato per un delitto gravissimo” conclude.
L’arrivo di Shabbar Abbas a Ciampino
Poco dopo la mezzanotte, il Falcon 900 dell’Aeronautica Militare, con a bordo Shabbar Abbas proveniente da Islamabad, è atterrato all’aeroporto Ciampino di Roma. L’uomo è stato preso in consegna dalla polaria di Ciampino, e poi portato nell’ufficio di polizia giudiziaria dell’aeroporto per la notifica del decreto di custodia cautelare e il verbale.
Successivamente la polizia penitenziaria ha trasferito l’uomo in un carcere di Roma, prima del trasferimento definitivo in una casa circondariale emiliana, dove rimarrà a disposizione dell’autorità giudiziaria di Reggio Emilia.
L’8 settembre Shabbar Abbas sarà in aula
Il prossimo 8 settembre Abbas sarà in aula, in presenza e non più in collegamento video, davanti alla Corte di assise di Reggio Emilia che lo sta processando per aver assassinato la figlia di 18 anni e averne nascosto il corpo, ritrovato in una buca non lontano da casa il 18 novembre scorso.
Il caso di Saman Abbas è un caso emblematico di violenza sulle donne, in particolare di violenza di genere legata a questioni culturali e religiose.
È importante che questo caso sia portato all’attenzione dell’opinione pubblica, per sensibilizzare le persone su questo tema e per chiedere che si faccia di più per prevenire e combattere la violenza sulle donne.
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