Ci sono almeno 230 tipi di etichette ambientali. Bruxelles richiama all’ordine: vietate quelle con punteggio aggregato
Il 53,3% delle dichiarazioni ‘verdi’ sui prodotti fatte dalle aziende esaminate nell’Ue è risultato vago, fuorviante o infondato e quasi il 40% privo di fondamento. È la denuncia dell’esecutivo Ue, che nel tentativo di contrastare il greenwashing si concentra nel dettaglio sulle etichette che riportano le diciture ‘ecologico’, ‘climate neutral’, ‘carbon neutral’, oppure ‘100% CO2 compensato’, ‘biodegradabile’, ‘compostabile’, ‘bio-based’. Oppure, ancora: ‘maglietta realizzata con bottiglie di plastica riciclata’, ‘realizzato con compensazione di CO2’, ‘imballo realizzato con il 30% di plastica riciclata’ o ‘crema solare rispettosa dell’oceano’. Sono escluse le indicazioni come l’Ecolabel già coperte dalle norme Ue o il logo degli alimenti biologici.
I veti dell’Ue
L’esecutivo Ue chiede alle aziende di fornire “prove scientifiche ampiamente riconosciute” che “dimostrino la veridicità” di quanto dichiarato dal punto di vista del ciclo di vita del prodotto – dall’estrazione dei materiali fino allo smaltimento. Le dichiarazioni o le etichette che utilizzano un punteggio aggregato dell’impatto ambientale complessivo del prodotto non saranno più consentite e, davanti alla continua proliferazione di etichette ambientali – Bruxelles stima che oggi ve ne siano almeno 230 –, non saranno permessi nuovi sistemi di etichettatura pubblici, a meno che non siano sviluppati a livello dell’Ue.
La pre-approvazione Ue sulle etichette
Qualsiasi nuovo sistema privato dovrà comunque “mostrare ambizioni ambientali più elevate rispetto a quelli esistenti e ottenere una pre-approvazione per essere autorizzato”. I Paesi membri dovranno garantire l’applicazione delle nuove norme con un sistema di controlli e introdurre sanzioni “efficaci, proporzionate e dissuasive” per chi non le rispetterà, con importi stabiliti a seconda della “natura e gravità della violazione”.