Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è reduce da due settimane di fuoco. Il viaggio a Washington da Donald Trump, la morte di Papa Francesco, l’organizzazione delle sue esequie e in contemporanea la creazione di un zona quasi fuori dal tempo e dallo spazio in cui far incontrare i leader Occidentali per discutere di questioni attualissime, quali dazi e pacificazione dell’Ucraina.
Il premier nega che i riti funebri del Pontefice siano mai stati considerati come una giornata da sfruttare per “mettere assieme questo o quell’altro leader“, eppure quel 26 aprile resterà nella storia non solo per le immagini del feretro del Santo Padre, ma anche per l’incontro a San Pietro di Donald Trump e Volodymyr Zelensky. Due sedie poste una di fronte all’altra e i due leader intenti a parlare come se fossero alla pari. Incalzata sui motivi della sua assenza nel corso di questo incontro, il premier ha chiarito a Il Corriere della Sera che la sua intenzione non è mai stata questa.
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“Non c’entravamo noi altri leader, credo che sia stato un momento bellissimo, e a quanto mi è stato detto dai protagonisti potrebbe anche rappresentato un punto di svolta“, ha spiegato, sottolineando che forse questo incontro potrebbe essere stato “l’ultimo regalo di Papa Francesco a tutti noi“. Al momento, comunque, non sembrano esserci fondamentali passi in avanti, ma la speranza è che la nuova postura di Trump nei confronti di Putin possa portare ad una pacificazione dell’Ucraina.
Meloni si dice soddisfatta della decisione del leader ucraino di dirsi pronto ad una tregua. “Ora è la Russia che deve dimostrare la stessa cosa“, ha tuonato il premier, aggiungendo che la tregua di tre giorni annunciata da Valdimir Putin in occasione dell’80esimo anniversario della liberazione del Paese dal nazismo al momento non è affatto sufficiente. “La pace dovrà essere giusta e duratura, il che significa soprattutto solide garanzie di sicurezza“, ha spiegato Meloni, aggiungendo che l’Italia continua a sostenere la soluzione ispirata all’articolo 5 del Trattato di Washington, anche se l’Ucraina non dovesse entrare a far parte della Nato.
Meloni: “Su incontro Usa e Ue non abbiamo mai stabilito una data”
Nel corso della sua intervista a Il Corriere della Sera, Meloni ha poi affrontato il delicato argomento dei negoziati tra Usa e Ue riguardanti i dazi statunitensi. La presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, e il presidente Usa si sono stretti la mano nel giorno delle esequie di Papa Francesco per poi concordare la necessità di un incontro tra i vertici dei due Stati per discutere con attenzione dell’aumento delle tariffe sulle merci esportate.
Ieri, una delle portavoce dell’Ue ha confermato che per ora non è stata fissata una data, in quanto nessuna delle due Nazioni ha ancora concluso un dossier adatto ad una trattativa. “Non abbiamo mai dato una data“, ha confermato il premier, chiarendo chei diretti interessati sono al lavoro proprio per comprendere in che modo gestire questo incontro. “Oggi i tempi non sono ancora maturi“, ha aggiunto, ricordando comunque la scadenza relativa alla sospensione di 90 giorni sui dazi reciproci.
Altro argomento scottante ma non ancora affrontato adeguatamente è quello della sede in cui si svolgerà questo incontro. Il governo italiano auspica che questo si svolga a Roma, come ampiamente anticipato, eppure sembrerebbe che altre realtà europee siano piuttosto scettiche sulla possibilità. “Se Roma può essere la sede giusta perché il nostro Paese viene visto come amico credo che sarà un grande riconoscimento“, riflette Meloni, nella consapevolezza che, anche se il summit dovesse svolgersi in un’altra sede, sarà comunque possibile riconoscerle il merito della questione.
Interrogata sulla posizione “filo Usa” dell’Italia, Meloni smentisce che questa sia la realtà del nostro Paese. L’Italia, secondo il Presidente del Consiglio, avrebbe solo adottato un posizionamento adatto a difendere i valori dell’Occidente, nella consapevolezza che decenni di alleanza non possono essere dimenticati solamente perché vi è stata un’elezione. “Per noi l’interesse nazionale viene prima di ogni cosa, per altri prevale l’appartenenza ideologica“, è la frecciatina di Meloni alla sinistra, accusata di non voler mettere al primo posto il benessere del Paese.
La sfida dei dazi statunitensi, secondo Meloni, potrebbe essere vissuta come un tentativo di mettersi in gioco e di migliorarsi, tenendo sempre in considerazione il benessere dei lavoratori e delle industrie italiane. “Per troppi anni siamo stati seduti sulle nostre certezze, abbiamo legato le nostre imprese e i nostri tessuti produttivi con vincoli burocratici sempre più invasivi“, ha ricordato il premier, evidenziando come oggi queste prerogative vadano eliminate per rendere le produzioni più semplici. “Sta a noi essere all’altezza del compito, stare al passo“, ha concluso il Presidente del consiglio, esortando l’Italia ad avere fiducia nel futuro e nelle possibilità che l’Italia esca da questa crisi più forte di prima.
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