Povertà, in Italia a rischio anche chi lavora: 5 milioni in difficoltà su spese minime

In Italia il 9% di chi ha un lavoro full time è a rischio povertà. Lo conferma una ricerca portata avanti da Eurostat, che denuncia una situazione piuttosto preoccupante nel nostro Paese

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L’ultima ricerca Eurostat pesa come un macigno sulle spalle del nostro Paese. In Italia il rischio povertà della popolazione continua a non decrescere, con percentuali che dovrebbero indurre ad una riflessione sul sistema lavorativo della penisola. Tra gli occupati a tempo pieno con più di 18 anni, il 9% è a rischio povertà. Un dato che potrebbe sembrare minimo, ma che invece assume tutta un’altra portata se paragonato con il resto dell’Europa. In Finlandia, nella stessa fascia, è solo il 2,2% dei lavoratori ad essere in difficoltà, in Germania è del 6,5%.

Ancora più inquietante, la situazione dei lavoratori con almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno, sia in regime di Full Time che Part Time. Qui la percentuale di cittadini a rischio povertà arriva al 10,2%, in aumento rispetto al 9,9% del 2023. A incidere su questi valori vi è ovviamente l’aumento del costo della vita, dovuto in Italia all’incremento del prezzo dell’energia e di conseguenza di tutte le materie prime. Un rialzo che, però, non è stato seguito da un conseguente aumento degli stipendi, che ha di fatto ridotto le capacità di acquisto della popolazione.

Povertà, quali sono le fasce della popolazione più interessate

Nello specifico, poi, Eurostat rivela come la fascia di cittadini maggiormente colpita dalla povertà è quella dei giovani tra i 16 e i 29 anni, che rappresentano l’11,8% degli occupati. I cittadini tra i 55 e i 64 anni si trovano in questa situazione per il 9,3%. I dati cambiano ovviamente anche a seconda del titolo di studio e del tipo di lavoro svolto. Nel primo caso, tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri, in crescita rispetto al 17,7% del 2023, mentre tra i laureati si registra un 4,5%, sempre in crescita rispetto al 3.6% dell’anno precedente.

Per quanto riguarda, invece, il secondo fattore, Eurostat spiega che il 17,2% dei lavoratori indipendenti a redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale, mentre i dipendenti si attestano all’8,4%. Nessuno, dunque, sembra essere al sicuro dal rischio di avere redditi ben inferiori alla media nazionale e quindi non sufficienti per mantenere una vita dignitosa. Questi stessi dati dipingono un quadro che dovrebbe spaventare e al contempo dimostrare che i dati dell’occupazione non possono essere letti solo superficialmente.

Anche nel momento in cui le percentuali di popolazione stipendiata dovessero aumentare, questo non ha come conseguenza diretta l’aumento della domanda, in quanto non tutti gli stipendi sono in grado di garantire uno stile di vita benestante ai lavoratori. Anche in questo senso è importante non tralasciare un secondo dato riportato dalla ricerca europea.

Povertà, cresce il divario tra indigenti e benestanti

In Italia non aumentano solo le percentuali di povertà, ma anche le distanze tra i redditi più benestanti rispetto alle situazioni di indigenza. In Italia, infatti, il primo decile della popolazione può contare su una quota del reddito nazionale equivalente del 2,5%, in calo rispetto al 2,7% del 2023, mentre il decile più ricco ha una quota del reddito nazionale equivalente del 24,8%, in aumento sul 24,1% del 2023.

Di fronte a questa divisione piuttosto netta, non sembra difficile credere che ad oggi in Italia la deprivazione materiale, ovvero l’incapacità di possedere oggetti necessari ad una sopravvivenza dignitosa, interessa l’8,5% della popolazione. Si tratta di cinque milioni di persone, che non sono in grado di permettersi una serie di beni, servizi o attività sociali specifici. Tra questi fattori, 13 in totale, sono presenti oggetti che spesso sono dati per scontati, quali poter fare almeno una settimana di vacanza, far fronte a spese improvvise, poter fare un pasto con proteine almeno ogni due giorni, avere una connessione internet, avere almeno due paia di scarpe e molti altri.

Si tratta di possedimenti che fino ad alcuni anni fa erano una certezza e che invece oggi sembrano sempre più un privilegio e fattori a cui è possibile rinunciare, pur di potersi assicurare una casa e una sicurezza economica. Il quadro presentato oggi sembra scoraggiante, soprattutto se si considera il trend in aumento che presentano questi dati. Il rischio, se la situazione non dovesse cambiare radicalmente in poco tempo, è che la popolazione italiana si abitui sempre di più alle privazioni dovute all’aumento dei costi e che si dimentichi cosa voglia dire veramente vivere, accontentandosi di sopravvivere.

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