Angelina Mango ha calcato per la prima volta il palco di Sanremo, portando al Festival la sua personale critica alla società, e forse anche un po’ alla sua vita. La “Cumbia della noia” sembra nascondere una sorta di autocritica, celata tra il ritmo travolgente e la satira esasperata di chi da anni porta sulle spalle un cognome importante e un trauma ormai pubblico.
La morte del padre nel 2014, stroncato da un infarto proprio durante un concerto, ha lasciato un vuoto incolmabile nella vita della giovane Angelina. Un lutto vissuto in privato, almeno finché l’artista non ha partecipato alla trasmissione Amici, dove la sua passione per la musica sono sempre state associate alla figura paterna. Un continuo paragone che sembrerebbe aver iniziato a stancare la giovane, che ora canta la “cumbia della noia“, un inno contro l’atteggiamento di chi continua a ricordarle la sua storia, sottolineandone la tragicità.
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Un messaggio di denuncia e di protesta contro chi, con la scusa della vicinanza e della solidarietà, dimentica come la propria storia personale sia pur sempre una questione privata, anche quando si tratta di personaggi pubblici. “La mia collana non ha perle di saggezza, a me hanno dato le perline colorate per le bimbe incasinate con i traumi da snodare piano piano dall’età“, canta così Mango gridando al mondo come sul suo collo pesi una collana di traumi, dati dagli altri e lasciati a lei da gestire.
Un messaggio che può sfuggire al primo ascolto, nascosto tra le critiche alla noia e le frasi poco chiare che un po’ oscurano il messaggio principale, nascondendo forse una profondità e un dolore che Angelina Mango non riesce più a tenere privato.
Sanremo, Angelina Mango e la sua “corona di spine“
La canzone portata a Sanremo racconta la storia della vita di Angelina Mango, o almeno di quella stagione della sua esistenza che ha seguito la morte del padre. Al centro proprio il sentimento della noia che sembrerebbe derivare dai continui commenti ricevuti sul modo in cui la giovane sta affrontando il suo lutto. “Vivo senza soffrire, non c’è croce più grande. Non ci resta che ridere in queste notti bruciate. Una corona di spine sarà il dress-code per la mia festa“, un peso simile a quello di Cristo che la costringe a rivivere il suo dolore ogni volta che le viene ricordato, anche nei giorni di festa, anche quando tutto va bene.
Una noia che si espande ogni giorno di più e che la costringe a fuggire, a cercare nel continuo movimento, nel continuo essere impegnata un modo per non pensare, per non rivivere la sofferenza: “Quindi faccio una festa, perché è l’unico modo per fermare la noia“. Ignorare per non soffrire, mostrare allegra per poi essere puniti. Perché agli altri non va bene neanche quando si prova a tornare a vivere e non solo sopravvivere.
Divertirsi sembra quasi uno smacco a chi non c’è più e ad Angelina tutto questo viene ricordato quotidianamente. “Quanta gente nelle cose vede il male – canta infatti la giovane artista – viene voglia di scappare come iniziano a parlare e vorrei dirgli che sto bene ma poi mi guardano male. Allora dico che è difficile campare“. La continua costrizione ad ammettere che la sofferenza c’è ancora, che comunque dietro ai sorrisi si nasconde il costante ricordo della perdita. E la noia ritorna, come una cumbia.
Poi l’ultimo smacco, quello del ricordo che anche la passione di Angelina è un costante tributo a suo padre. “Allora scrivi canzoni?“, questa la domanda che rimbomba costantemente nelle giornate della cantante a cui lei ha deciso di rispondere cantando: “Si, le canzoni d’amore e non ti voglio annoiare, ma qualcuno le deve cantare“. E la cumbia della noia riparte.
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