“Bisogna porre fine al divieto di usare armi della Nato per colpire obiettivi militari in Russia“, queste poche parole, rilasciate dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg al settimanale The Economist hanno sconvolto il fine settimana europeo. Il timore di essere in un periodo di instabilità, come quello creato dalle affermazioni di Emmanuel Macron sull’invio di soldati Nato a Kiev, ha investito la maggior parte dei Paesi Ue, o per lo meno quello non interessati all’escalation del conflitto russo ucraino.
Intanto ieri, quasi come una risposta ai dilemmi dei leader europei, i missili russi hanno colpito un megastore a Kharkiv, dove sono rimaste uccise almeno 16 persone. Anche i Paesi più atlantisti dell’Unione hanno tentennato sulle parole di Stoltenberg, intimoriti dalla possibilità di un allargamento del conflitto. La possibilità è più che concreta ed è stata confermata anche dalle parole di Dmitrij Medvedev, numero due del Consiglio di sicurezza di Mosca: “Colpire i nostri obiettivi da parte degli americani significa iniziare una guerra mondiale e un ministro degli Esteri, anche di un Paese come la Polonia, dovrebbe capirlo“.
Sulla questione è intervenuto anche il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “Non so perché il segretario generale della Nato abbia detto una cosa del genere” ha dichiarato il premier ieri pomeriggio a Mezz’ora, per poi affermare: “Il mio consiglio è che bisogna essere molto più prudenti“. La prudenza è la parola chiave del discorso di Giorgia Meloni che vuole evitare a tutti costi l’allargamento del conflitto, proseguendo con la strada percorsa finora: aiuti e sostegni a Kiev ma solo in materia di difesa.
La dura risposta della Lega
La Lega, dopo le parole di Stoltenberg, è entrata in subbuglio. Il pericolo non è più rappresentato solo da Macron ma ora anche dal segretario generale della Nato. “Non può parlare di usare bombe o i missili o le armi italiane che abbiamo mandato all’Ucraina per difendersi, per colpire e uccidere fuori dai suoi confini“, tuona così Matteo Salvini contro Stoltenberg: “Non in mio nome, non in nome del popolo italiano. Dobbiamo difendere l’Ucraina aggredita, ma non siamo in guerra con nessuno“.
A dargli manforte è accorso il candidato alle Europee Roberto Vannacci, che ha dichiarato: “Togliere queste restrizioni sarebbe a tutti gli effetti dare via libera a un’attività militare coinvolgendo anche direttamente la popolazione civile russa nella guerra. Superando, cioè, il confine del non ritorno“. Una visione piuttosto catastrofica degli eventi, così come fu catastrofica la visione sulle parole di Macron.
Proprio su questo è voluta intervenire Giorgia Meloni, criticando chi utilizza la guerra come stendardo per le Europee per prendere più voti: “Mi sembra controproducente questo racconto allarmante per il quale l’Europa sarebbe sull’orlo di un conflitto più ampio. Gioco irresponsabile per raggranellare qualche voto“. Intanto dal Carroccio giunge la notizia della presa in considerazione di un’interrogazione parlamentare per censurare “le parole di guerra del segretario generale della Nato“.
Il pericolo dell’avanzata russa
Le parole del segretario Stoltenberg sembrano inserirsi in un quadro più grande, quello del pericolo espansionista di Vladimir Putin. Da mesi gli alti ranghi dell’Unione europea avvertono che forse l’obiettivo del presidente russo non è quello di fermarsi in Ucraina. Il pericolo che Putin sposti le sue mire su altri Paesi nel territorio dell’Ue è presente e pressante. Anche in questo, però, viene da chiedersi: si tratta della verità o è solo un nuovo escamotage per esortare al riarmo i Paesi europei?
Una industria ultra miliardaria che sta ricominciando ad ingranare anche in Europa, dopo decenni di relativa stabilità. Ursula Von der Leyen è in prima linea su questo fronte: “Se dobbiamo mantenere la pace nel nostro continente, allora dobbiamo investire nella difesa“. Secondo la presidente della Commissione europea gli unici modi per investire in questo campo sono “i contributi nazionali al bilancio Ue” o “le risorse proprie europee“.
Il problema principale, anche in questo caso, sono proprio le capacità di difesa dei Paesi europei. Per decenni l’industria bellica non è più servita ed ora è necessario armarsi di nuovo e formare eserciti più estesi e capaci. Il leader britannico Rishi Sunak ha già annunciato il ritorno della leva militare e Salvini ha tentato più o meno di fare la stessa cosa, anche se duramente ostacolato dal ministro della Difesa Guido Crosetto.
Intanto Meloni continua a tuonare: “È come se chi sostiene l’Ucraina vuole la guerra e chi invece non la sostiene vuole la pace. Io penso sia esattamente il contrario. Se noi avessimo consentito quella guerra imperialista, la guerra sarebbe arrivata più vicina a noi. Chi ha aiutato l’Ucraina sta fermando la guerra“.