Riforma fondi Ue: Meloni in pressing per il via libera

Verso un nuovo assetto per i finanziamenti europei: Fitto al centro della battaglia

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Dopo intensi confronti tra il ministro Raffaele Fitto, la Commissione europea, Comuni e Regioni, la riforma dei fondi Ue approda finalmente al Consiglio dei ministri di martedì. Un tema cruciale, quello affrontato da Giorgia Meloni che, con poche ore di preavviso, ha convocato i sindacati a Palazzo Chigi per lunedì primo maggio per illustrare il piano.

Inizialmente incentrato su misure di sostegno economico come la tredicesima natalizia per i lavoratori a basso reddito, il summit ha subito un cambio di rotta a causa della mancanza di risorse e del niet del ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti. Al centro, non i fondi straordinari del Recovery Plan, ma i consistenti stanziamenti a lungo termine. Si tratta di oltre 40 miliardi di euro pianificati ogni sette anni, principalmente destinati al Sud, a cui si aggiungono altri 30 miliardi di contributo nazionale per il periodo 2021-2027.

Tuttavia, i dati evidenziano una preoccupante lentezza nell’utilizzo di queste risorse: secondo l’ultima relazione governativa, nell’arco del 2014-2020 l’Italia ha impiegato solo il 30% circa dei fondi disponibili. Un dato confermato anche da un rapporto della Corte dei Conti europea dell’ottobre 2021, che collocava il nostro Paese quasi in fondo alla lista Ue per l’assorbimento dei fondi. Ancora più allarmante è il fatto che, nello stesso periodo 2014-2020, l’Italia ha dovuto restituire a Bruxelles la cifra esorbitante di 25 miliardi e 166 milioni di euro.

Le cause di questo immobilismo? Tra le principali, lentezze burocratiche a livello locale e una carente coordinazione nazionale. In alcuni casi, addirittura, i fondi vengono sperperati o deviati dal loro scopo originario.

Il piano del governo per invertire la rotta

Il decreto di Palazzo Chigi punta a concentrare le risorse su servizi essenziali come trasporti, risorse idriche, gestione dei rifiuti e lotta al dissesto idrogeologico. Tra le misure previste, l’adozione di alcuni dei principi già applicati al Recovery Plan, con l’introduzione di sanzioni per gli enti che non rispettano le scadenze dei progetti e l’assegnazione di poteri di coordinamento al dipartimento guidato da Fitto.

Sindacati attenti, Regioni del Sud ancora titubanti

Cgil, Cisl e Uil saranno presenti all’incontro, data la rilevanza della riforma anche per i fondi destinati alla formazione professionale, già al centro di polemiche per il loro utilizzo. Il ministro per gli Affari europei, con il pieno sostegno di Meloni, completa il quadro con questa mossa di ristrutturazione del sistema degli aiuti, volta a superare gli ostacoli burocratici.

Per questo motivo, Fitto ha integrato la riforma come “tappa fondamentale” nel primo decreto che, lo scorso anno, ha centralizzato la gestione dei fondi Pnrr a Palazzo Chigi. L’accordo è già stato raggiunto con 17 Regioni su 20, mentre mancano ancora all’appello 4 Regioni del Sud – Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna – che gestiscono la maggior parte dei fondi. Un esempio concreto: l’intesa con la Liguria prevede che i fondi non utilizzati vengano ridistribuiti alle Regioni più virtuose.

Fitto contro le resistenze a Bruxelles e l’appello a Von der Leyen

Non sono mancate resistenze al cambiamento da parte della Commissione europea, in particolare dalla commissaria Elisa Ferreira, preoccupata per la riduzione del potere quasi esclusivo dei governi locali nella gestione dei fondi.  Per questo motivo, la trattativa è salita ai vertici della Commissione, coinvolgendo direttamente la presidente Ursula von der Leyen, finora la più forte alleata di Meloni negli scenari europei.

La riforma dei fondi Ue rappresenta una sfida cruciale per l’Italia, un’occasione per superare le inefficienze del passato e investire in modo efficace su infrastrutture e servizi essenziali. L’impegno del governo Meloni è chiaro, ma il via libera definitivo richiederà un’attenta concertazione con tutte le parti in causa, sia in Italia che in Europa.

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