Matteo Salvini non lascia la presa sulle elezioni regionali, nonostante le ripercussioni che queste stanno comportando all’interno della coalizione di centrodestra. Ora a preoccupare è la Sardegna, dove la Lega vorrebbe riconfermare il candidato uscente Solinas, e FdI proporre Truzzu, personalità molto vicina al premier; entrambi hanno militato ad Atreju in gioventù e da allora sono rimasti in buonissimi rapporti.
Salvini però non ci sta. Per quanto riguarda le elezioni europee non ha dovuto rifletterci troppo, il rifiuto della candidatura gli è sembrato un passo quasi naturale, utile soprattutto a far vedere agli italiani quali fossero le sue vere priorità. “Faccio il ministro dell’Infrastrutture e dei Trasporti, mi sembra già abbastanza“, al contrario magari di chi ha invece cariche ben più complesse e ampie, ma ancora riflette sul da farsi. Le elezioni regionali, invece, sono ormai diventate un’ossessione, perché il pericolo di perdere territori e di essere superati da FdI si fa sempre più vicino e sempre più spaventoso.
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La Sardegna potrebbe spaccare il centrodestra
Il 25 febbraio è il giorno delle elezioni regionali in Sardegna, in cui si scoprirà finalmente se la crociata di Matteo Salvini è veramente servita a qualcosa o se ogni suo sforzo sia stato vano. Ormai sulla questione delle Regionali si esprimono tutti, da esponenti di partito a fonti interne ma anonime, e il ministro dei Trasporti ha finalmente detto basta. Ora l’unica voce che l’Italia dovrà ascoltare è la sua. Lo ha già dimostrato ieri sera quando, ospite di Bruno Vespa, ha nuovamente espresso le sue intenzioni per quanto riguarda le prossime elezioni amministrative.
“La cosa più semplice sarebbe ricandidare gli uscenti visto che hanno tutti ben lavorato” ha dichiarato il ministro per poi rivolgersi a chi, come Giorgia Meloni, non crede in questa proposta: “Se qualcuno dice che non vuole ricandidare Tizio o Caio, mi deve spiegare perché e dove ha sbagliato“. Quello che principalmente teme Salvini è che queste difficoltà interne alla maggioranza si estendano anche al resto delle elezioni regionali di quest’anno, così come a quelle previste nel 2025.
Una possibilità che è necessario evitare a tutti i costi, a causa delle perdite di consenso che un centrodestra non coeso potrebbe comportare. “Gli italiani un anno e mezzo fa hanno scelto il centrodestra unito per governare l’Italia, e lo stanno apprezzando e ci stanno sostenendo – ha spiegato il leader leghista – per me l’unità del centrodestra è sempre il valore più importante, e per me se un sindaco e un governatore hanno lavorato bene al primo mandato è giusto e naturale ricandidarli“. Infine Salvini si lancia in una sorta di avvertimento: “Se in Sardegna Solinas non va più bene per motivi sconosciuti, bisognerà rivalutare i candidati presidenti delle altre Regioni“.
Le Regionali come prova di forza
Al centro di questa missione salviniana di mantenere intatti gli equilibri del centrodestra non ci sono solo il benessere e la fiducia degli italiani; le Regionali sono una prova di forza per i singoli partiti che dimostrano agli alleati le percentuali di territori guadagnate e sfilate agli altri. Salvini non può permettersi di perdere terreno, né vorrebbe che altri lo guadagnassero, e soprattutto non può perdere il governatore del Veneto. Zaia è il baluardo della Lega e la sua mancata rielezione farebbe perdere del tutto la Regione alla Lega.
Una sconfitta che però significherebbe l’inizio del baratro, con la successiva perdita della Lombardia e poi dell’egemonia sul nord Italia. Di conseguenza gli equilibri interni al partito subirebbero uno smottamento e la posizione di Salvini come segretario inizierebbe a perdere consensi. Quindi, quella di Salvini è una crociata quasi privata con l’obiettivo di garantirsi il controllo sul Carroccio e sui territori che da anni sono governati dal partito.
L’incognita delle Europee
A far tremare gli equilibri della coalizione del centrodestra sono ovviamente anche le elezioni europee, che porteranno non poche ricadute politiche nel nostro Paese. Anche senza la candidatura di Salvini, il risultato percentuale che la Lega otterrà alle elezioni, sicuramente inferiore al 34,3% ottenuto in quelle precedenti, sarà comunque attribuito al segretario di partito. Il pericolo, però, che probabilmente ha convinto Salvini a non candidarsi risiede tutto in Giorgia Meloni, che potrebbe guadagnare consensi così importati da creare disequilibri nella coalizione.
Tajani, ormai, ci prova da giorni a evidenziare come la candidatura del premier non sia una buona idea, con la scusa dei doveri di partito e nei confronti del Paese. Eppure, Giorgia Meloni ancora non si è espressa e insieme ad Elly Schlein mantiene la riserva sulla sua decisione. Alla fine dei conti, nessuno di questi nomi approderà mai al Parlamento europeo, ma la prova dei consensi che si otterrà con la campagna elettorale dimostrerà chi veramente tiene in pugno l’Italia, e chi invece rischia di essere fagocitato.
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