Nella confusione dello scontro delle Regionali, del terzo mandato e delle imminenti europee si fa strada un’iniziativa promossa da un gruppo bipartisan per trovare un accordo largamente condiviso sulla riforma del premierato. La proposta è stata lanciata dalla Fondazione Magna Carta, Libertà Eguale e IoCambio, i tre soggetti promotori dell’iniziativa che si cimenteranno in una maratona oratoria che si svolgerà il 27 febbraio, a partire dalle 10, presso il teatro Sala Umberto nella Capitale che si pone lo scopo di giungere ad un’intesa attraverso il dialogo invece che lo scontro.
Premierato, il gruppo “non partisan”
Del comitato promotore fanno parte figure di tutti gli orientamenti politici: si tratta di intellettuali e costituzionalisti che chiederanno al governo di procedere sulla riforma del premierato, evitando che i nodi sugli emendamenti blocchino l’intera iniziativa. Perché ciò non avvenga, i gruppi si propongono di riesaminare il testo del Ddl partendo dalla proposta del governo ma passando in rassegna tutti i punti critici, partendo dalla definizione dei poteri del premier e non dalle conseguenze di un’elezione diretta.
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A partecipare alla maratona ci saranno personalità di spicco come la ministra Casellati, l’ex ministro delle riforme Gaetano Quagliarello, Giuseppe Calderisi, esperto di regole istituzionali, il riformista Stefano Ceccanti, l’intellettuale Michele Salvati, il noto Mario Segni e altri. Questo gruppo “non partisan” ce la metterà tutta perché questa riforma non finisca come molte altre nella storia, come lettera morta.
Premierato, non “famolo strano”
Spinti da un comune spirito riformatore questi gruppi si propongono di “non farlo strano” come avvenuto per i precedenti tentativi di riforma, ma di dare una svolta al modus operandi alle esperienze dei precedenti lavori parlamentari sul tema.
Lo scopo è quello di riformare la seconda parte della Costituzione, dare maggiore stabilità al governo ma senza stravolgere il sistema parlamentare corrente: in poche parole fare in modo che la riforma abbia una solida base popolare e sia approvata in Parlamento da una maggioranza di due terzi.
“Una riforma fatta con i due terzi del Parlamento è sempre auspicabile: in questo caso la convergenza è possibile“, chiarisce Ceccanti, con la convinzione che, grazie ad un accordo ampio, il testo del Ddl possa evitare di essere sottoposto a referendum confermativo, un rischio sia per le riforme sia per i governi.
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