Le Poste saranno privatizzate. Questo è quanto emerge dagli interventi di oggi dell’amministratore delegato Matteo Del Fante e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in audizione in Senato per discutere del Dpcm che prevede la cessione di una quota della partecipazione pubblica nell’azionariato dell’azienda.
Poste, la quota dello Stato garantisce 4,4 miliardi
Così il ministro dell’Economia è intervenuto alla Camera per chiarire alcuni aspetti del nuovo collocamento sul mercato nella rotta verso la privatizzazione di Poste. Oggi l’azienda è posseduta in parte dal Mef e in parte da Cassa depositi e prestiti che ha il 35% delle azioni (ma è a sua volta controllata dal Mef); un altro 22% è invece detenuto da investitori istituzionali e il 13% da investitori “retail”. In totale, sommando le quote del Mef e della Cassa, oggi lo Stato possiede circa il 64% dell’azienda.
La cessione dell’intera quota di Poste Italiane detenuta dal ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), pari al 29,7%, vale 4,4 miliardi di euro. A dirlo è stato il ministro Giancarlo Giorgetti che, invocando la prudenza di fronte ai dubbi delle opposizioni, ha assicurato che “l’alienazione della quota dello Stato in Poste potrà avvenire anche in più fasi. Questo significa che nelle prime fasi il governo potrebbe anche fermarsi al 51%, perché riteniamo che questa sia un’asticella soddisfacente in questo momento rispetto al percorso. Il governo valuterà condizioni e tempi in modo da massimizzare le entrate dello Stato a beneficio del bilancio pubblico”.
Poste, Giorgetti rassicura: “Aspettiamo il momento più adeguato”
Il ministro ha poi spiegato che il Mef realizzerà l’operazione di cessione della vuota quota in Poste “nel momento più adeguato alla massimizzazione dell’introito realizzabile, cercando di conciliare le condizioni del mercato con le esigenze di finanza pubblica“.
Inoltre Poste Italiane “ha uno statuto che prevede che ci sono 9 consiglieri, il primo azionista ne sceglie 6 e indica chi sarà presidente e chi l’amministratore delegato. Quindi che lo Stato venda un’azione, ne ricompri 10 o ne venda 30 non cambia niente“, ha spiegato il ceo Del Fante, sottolineando che il controllore dell’azienda rimane lo Stato.