Il debito pubblico sfiora i 3mila miliardi: il piano Meloni per salvare l’Italia dalla morsa dell’Ue

La zavorra di un debito pubblico sempre più pesante, l'ombra del procedimento di infrazione e il rischio che il nuovo Patto di stabilità dia il colpo di grazia alle finanze del nostro Paese spingono Meloni a cercare soluzioni, tutte concentrate nella vittoria delle prossime elezioni europee

Laura Laurenzi
7 Min di lettura

Nel 2025 il debito pubblico dell’Italia supererà la soglia dei 3mila miliardi di euro. Un numero solo immaginario, che però rischia di soffocare realmente il Paese, lo stesso che secondo le parole di Giorgia Meloni si sta invece avviando verso un periodo di florida crescita. Le stime del Documento di Economia e Finanza (Def) non mentono: dai 2.981 miliardi di euro attesi per quest’anno si passerà ai 3.110 miliardi nel 2025, poi ai 3.224 miliardi nel 2026 e a 3.306 miliardi nel 2027. Solo da quest’ultimo anno sarà possibile iniziare a vedere una diminuzione del debito pubblico italiano.

Davanti a questa situazione l’Unione europea ovviamente non resterà a guardare. Si prevede già che a seguito delle elezioni europee, qualunque sia l’esito di queste ultime, l’Italia riceverà un richiamo dalla Commissione Ue proprio a causa della violazione delle regole di bilancio. Verrà quindi avviata una procedura di infrazione, la numero 74 per l’Italia, che si aggiunge a quelle per il mancato rispetto del diritto dell’Unione e a quelle per non aver recepito le direttive Ue. Il ministro del Mef, Giancarlo Giorgetti, ha infatti dichiarato che l’Italia non riuscirà a contenere le spese di bilancio al di sotto del 3 per cento del Pil, come stabilito dalle norme fiscali di Bruxelles, ma si avvicinerà al 4,3%.

Giancarlo Giorgetti, Superbonus
Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze

Il nostro Paese, quindi, potrebbe dover avviare un percorso correttivo della spesa netta, ovvero un aggiustamento annuo pari allo 0,5% del Pil. Una percentuale che sembra bassa ma che in realtà simboleggia un taglio di 9 miliardi l’anno, cifra che potrebbe cambiare radicalmente la spesa pubblica italiana. Non tutte le speranze sono perse perché, nell’ambito del nuovo Patto di stabilità, i governi hanno deciso che la Commissione potrà tener conto per il periodo tra il 2025 e il 2027 dell’aumento dei pagamenti degli interessi sul debito. Una concessione pensata proprio per quei Paesi che continuano a subire le conseguenze dell’inflazione sui conti pubblici.

Giorgia Meloni e il piano per evitare i tagli della spesa pubblica

In videocollegamento con il Congresso di Vox a Madrid, Giorgia Meloni si è presa lunghi applausi, parlando di “un’Europa diversa” che “fa meno per avere di più“, senza però mai fare cenno a quali siano realmente i progetti concreti dei conservatori in Europa. “Il motore del rinascimento dell’Unione“, così il premier ha definito le destre europee, scatenando la gioia e l’approvazione dei presenti alla kermesse, anche stavolta senza spiegare i motivi di tale definizione.

L’8 e il 9 giugno si andrà alle urne e la possibilità che l’Ecr, di cui Meloni è presidente, riesca ad ottenere la maggior parte dei voti è molto plausibile. Ciò che resta da capire è in che modo la nuova Commissione europea abbia intenzione di comportarsi con i Paesi ad alto debito pubblico, in cui come sempre rientra anche l’Italia. Secondo il Sole 24 Ore la risposta a questa domanda arriverà nel mese di giugno e non sarà affatto positiva per il nostro Paese. Almeno dieci miliardi di euro l’anno da recuperare per circa sette anni, nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore si toccano i 13 miliardi l’anno.

Cosa vuol dire praticamente per tasche degli italiani? Più tasse, meno bonus e meno incentivi. Addio al taglio del cuneo fiscale e agli interventi di sostegno dello Stato. Una correzione che potrebbe costare all’Italia dai 70 ai 90 miliardi di euro, che eliminerebbero ogni speranza di una ripresa economica. Il governo Meloni sarebbe costretto a tagliare sempre di più, col rischio di inimicarsi gli italiani. L’unica speranza, quindi, è che le destre che potrebbero salire al governo dell’Ue riescano ad invertire la rotta per evitare tagli così drastici. Sembrerebbe questo il piano di Ecr, non ancora ufficialmente proclamato.

Il governo Meloni e la tattica dello scarica-barile

Per quanto riguarda il caso specifico dell’Italia, il governo Meloni ha da sempre sottolineato come la situazione italiana sia frutto della cattiva gestione dei governi precedenti. “Io sono il primo presidente del Consiglio della destra nella storia della Repubblica italiana” ha nuovamente sottolineato il premier ieri, ospite di Santiago Abascal, dimenticando però di ricordare come non tutte le catastrofi finanziarie dell’Italia siano da imputare ai suoi avversari.

Un esempio concreto e piuttosto recente riguarda la retorica sul Superbonus 110%. Un incentivo voluto dal governo Conte senza dubbio, ma poi totalmente gestito dal governo Draghi. Il ministro dello Sviluppo economico per quel governo fu proprio Giancarlo Giorgetti, lo stesso che la scorsa settimana ha tuonato contro il Superbonus, definendolo una tragedia pari a quella del Vajont. “Una slavina ormai già partita” a cui Giorgetti nel 2022 non è riuscito a porre freni. Eppure, lo stesso ministro era presente anche nell’amministrazione precedente, quando la slavina era solo immaginata.

il difforme giuseppe conte 2
Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle

Un altro esempio di possibile contrasto tra le idee della destra e poi l’attuazione di queste dal governo Meloni, riguarda il bonus per i lavoratori, presentato solo qualche settimana fa. “Porteremo in Consiglio dei ministri, nell’ambito dell’attuazione della delega fiscale, un decreto legislativo che ci permetterà di erogare, nel mese di gennaio 2025, un’indennità di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti, con reddito complessivo non superiore a 28.000 euro con coniuge e almeno un figlio a carico, oppure per le famiglie mono genitoriali con un unico figlio a carico“, così il premier ha presentato il nuovo incentivo.

Un bonus, che è stato equiparato alla riforma degli 80 euro di Matteo Renzi, la stessa incolpata di aver fatto aumentare a dismisura il deficit italiano. Cosa cambia quindi? Ben poco, anche se Renzi avrebbe da ridire come ha dimostrato sui social, ma la campagna elettorale è ormai nel periodo più complesso e alla fine dei conti la tecnica delloscarica barilein Italia ha sempre dato i suoi frutti.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo