Il Comitato ristretto della Commissione Istruzione del Senato ha adottato quasi all’unanimità il testo base per la riforma dell’accesso alla facoltà di Medicina in tutte le università d’Italia. Una battaglia che ormai viene portata avanti da anni e che ora sembra avvicinarsi ad una sorta di conclusione. Un testo a metà, in cui mancano ancora tutte le certezze sugli svolgimenti degli esami e dei test d’ingresso sostitutivi, che ha infuriato le associazioni dei medici, degli studenti e anche parte dell’opposizione.
Soddisfatto invece il centrodestra, in particolare la Lega di Matteo Salvini, che ha fatto della lotta al numero chiuso a Medicina uno dei capisaldi della sua campagna elettorale. Oggi il primo successo, che però dovrà ora passare al vaglio della Commissione di Palazzo Madama, poi all’Aula e al governo. Un percorso ancora lungo, quasi quanto quello che gli studenti dovranno affrontare per diventare medici, che si preannuncia già pieno di scontenti e lamentele.
Secondo molti, in particolare tra gli studenti e il centrosinistra, la più grande falla della riforma riguarda il sistema di finanziamenti alla sanità. Pur avendo la possibilità di formare nuovi medici negli atenei d’Italia, come si risolverà il problema della mancanza di posti per svolgere il percorso di specializzazione? Come risolvere la questione del pensionamento di migliaia di medici, se non ci sono poi fondi per assumerne di nuovi? Queste le domande che in molti si sono posti e a cui ora il centrodestra dovrà trovare una soluzione.
Medicina, la soddisfazione della Lega e del centrodestra
“L’odioso numero chiuso non ci sarà più. Un impegno che la Lega aveva preso in campagna elettorale, un mandato chiaro che ha rappresentato uno stimolo anche nella decisione di assumere l’incarico di presiedere alla commissione” ha dichiarato il presidente della Commissione, Roberto Marti, senatore della Lega, che ha poi voluto aggiungere: “Offriremo così ai nostri ragazzi la possibilità di iscriversi liberamente alle facoltà di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria e di iniziare un percorso che gli permetterà di avere tempo e modo per orientarsi nel mondo universitario, che costituisce per ognuno una grande novità“.
Un successo a pieni voti per il partito di Matteo Salvini, che però sembra sordo alle richieste di chi quotidianamente vive le difficoltà e lo sconforto del settore sanitario. Anche Anna Maria Bernini, ministro dell’Università e della Ricerca, aveva in passato ricordato l’importanza della conclusione del percorso a numero chiuso nelle facoltà di Medicina: “Stiamo lavorando ad una riforma strutturata che superi il numero chiuso e punti all’eccellenza formativa e alla valorizzazione delle competenze. Siamo sulla buona strada. Sono davvero orgogliosa del percorso che anche il Parlamento ha avviato, all’insegna dell’ascolto, della massima collaborazione e dell’unità di intenti“.
Medicina, le preoccupazioni delle associazioni e dell’opposizione
Cecilia D’Elia del Partito democratico ha spiegato a nome del partito le “numerose criticità” che la riforma ancora presenta: “Questioni fondamentali, a partire dalla delega, troppo larga e vaga sugli aspetti che riguardano esattamente le nuove modalità di accesso, la definizione di una graduatoria nazionale dopo aver frequentato solo un semestre, e aver acquisito cfu senza che sia definito come e con quali criteri si compone la graduatoria“.
La Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri ha invece definito la proposta “non di buon senso“, evidenziando come potrebbe “produrre solo disoccupati“. Questo perché mancano i posti disponibili per mettere a lavoro in neolaureati. Anche l’Unione universitaria degli studenti si è detta “delusa dalle modalità scelte“, perché la riforma “non chiarisce quali saranno gli investimenti in infrastrutture, didattica e diritto allo studio per consentire il superamento della programmazione degli accessi“.
Inoltre, secondo l’Unione universitaria “il numero chiuso a Medicina deve essere superato ma questo è possibile solo con ingenti investimenti sul sistema universitario e sul sistema sanitario nazionale. Qualsiasi altra forma di numero aperto rischia di portare al collasso“.