La partecipazione dello stato italiano alla missione Aspides, per la difesa dei mercantili che transitano nel Mar Rosso, porterà l’Italia a fornire almeno due navi da guerra all’operazione, rispetto a un totale di almeno cinque imbarcazioni promesse dalla coalizione Germania, Francia, Italia. Il ministro degli esteri Tajani cerca di rassicurare sul fatto che la missione sarà puramente difensiva e non avrà lo scopo di attaccare gli Houthi sulle coste dello Yemen. Eppure, rispetto alla condizione geopolitica in cui si sta inserendo il nostro paese, e il supporto a nazioni come USA e Inghilterra che stanno già bombardando il gruppo yemenita, tali rassicurazioni risultano sostanzialmente vane.
I rischi economici delle tensioni nel Mar Rosso
Secondo Tajani la missione Aspides non può essere evitata ed è assolutamente indispensabile alla salvaguardia del commercio internazionale e alla protezione dell’economia europea. Gli attacchi degli Houthi alle navi mercantili israeliane e americane ha effettivamente creato grandi difficoltà al trasporto di merci che, attraverso il canale di Suez, arrivano nel Mar Rosso e poi in Asia.
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Anche le navi di nazioni che non sono mai state attaccate (come ad esempio l’Italia) non sono comunque rimaste fuori dalla questione. Infatti, l’impossibilità di assicurare che tali imbarcazioni non verranno attaccate dagli Houthi, ha costretto le compagnie assicurative ad aumentare a dismisura le polizze delle navi mercantili o modificare le rotte facendole passare attorno al continente africano e aumentando la durata dei viaggi di ben 10-15 giorni, con un conseguente aumento delle spese di trasporto.
Secondo il ministro degli esteri, lasciare che gli Houthi blocchino il golfo di Aden vorrebbe dire mettere a rischio il nostro export, che rappresenta il 40% del prodotto interno lordo. Oltre alle ricadute sull’intera economia dell’UE.
Eppure, risulterebbe scorretto far passare il messaggio che la totalità dell’export italiano passi per il Mar Rosso. Secondo un dato dell’agenzia assicurativa SACE, solo nel 2023 l’export totale del paese avrebbe superato i 660 miliardi di euro, mentre l’import-export che via nave passa annualmente per il Canale di Suez si aggirerebbe intorno ai 148 miliardi di euro, di cui 53 di export.
Pertanto, l’export che effettivamente passa per il Mar Rosso è meno del 10% del totale. Inoltre, anche se il canale dovesse essere definitivamente chiuso, quel 10% non verrebbe perduto, ma aumenterebbero solo i costi del suo trasporto, che in base a una statistica della Banca Centrale Europea, incide sul prezzo finale solo tra l’1% e il 3%. Di conseguenza, l’effetto di un eventuale aumento dei prezzi, non avrebbe delle conseguenze esplosive sull’inflazione.
Economia vs sicurezza nazionale, cosa vale di più?
Secondo Goldman Sachs, persino un raddoppio dei costi di trasporto non riuscirebbe a far aumentare l’inflazione dell’Eurozona di più dello 0,25%. Il che porterebbe a supporre che, se altri paesi europei come la Spagna hanno deciso di sostenere la missione Aspides, senza però parteciparvi direttamente, potrebbe essere dato dal fatto che, valutando i pro e i contro, abbiano realizzato che il gioco non valga la candela.
Fatta questa premessa, siamo veramente sicuri che dei fattori economici di questa portata possano essere sufficienti per giustificare l’entrata in guerra di uno stato come il nostro che, costituzionalmente, la guerra la ripudia? La retorica secondo cui la partecipazione italiana ad Aspides sia solo di natura difensiva non trova alcuna concreta giustificazione. Anche escludendo la vicinanza dell’Italia alle azioni della missione Prosperity Guardian capitanata da USA e Inghilterra, è evidente che potrebbe essere sufficiente un singolo scontro nel Mar Rosso contro le milizie Houthi per certificare l’ingresso della nostra nazione nel conflitto.
Inoltre, è necessario considerare anche che gli Houthi non siano soli in questa guerra. Sin da prima dell’inizio degli scontri tra Israele e Palestina è parsa chiara la posizione assunta dall’Iran e dei suoi legami con gruppi armati presenti in Yemen e Libano, oltre che con Hamas.
La zona geografica che verrebbe pattugliata dalle navi della Aspides comprenderebbe il tratto di mare che dal Golfo di Aden porta allo stretto di Hormuz, una striscia di mare della larghezza di appena 50 miglia nautiche (meno di 100 km) che divide l’Iran da Emirati Arabi e Oman. Di conseguenza, avvicinarsi a quelle acque significa avvicinarsi pericolosamente alle coste iraniane, cosa che potrebbe essere utilizzata da Tehran come scusa per inserire l’Italia all’interno della lista dei suoi nemici principali.
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