Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti si è dichiarato contrario alla direttiva Ue sulle “Case green“, allineandosi con l’Ungheria di Orbàn e votando “No” al Consiglio dell’Ecofin a Bruxelles. Una decisione maturata a seguito del trauma che il Superbonus 110% ha provocato ai bilanci economici del nostro Paese. Il timore di Giorgetti è che questa nuova direttiva pesi ancora di più sull’economia italiana, anche a causa delle stime finora rilasciate da Unimpresa.
Gli immobili da riqualificare in Italia sarebbero circa 7,6 milioni e il conto da pagare per il nostro Paese equivarrebbe a 270 miliardi di euro. A questo punto sembrano comprensibili i dubbi di Giorgetti, che a margine dell’Ecofin ha dichiarato: “È una bellissima e ambiziosa direttiva, ma alla fine chi paga?“. I dubbi del ministro Giorgetti rimangono, ma la direttiva è stata approvata ed ora bisognerà capire in che modo l’Italia riuscirà ad adeguarsi alle nuove normative.
Il problema economico che la direttiva sull’azzeramento delle emissioni di gas serra degli edifici comporta non è trascurabile, come non lo è il grave problema del riscaldamento globale, costantemente ignorato a causa degli ingenti costi che la riqualificazione energetica del mondo comporta. I governi nazionali, come ha ricordato l’Ue, avranno un’ampia discrezionalità per raggiungere gli obiettivi concordati e anche per decidere quali saranno gli edifici da riqualificare.
La direttiva Ue sulle “Case Green”
L’Unione europea si è posta un obiettivo: stop alle emissioni di gas serra degli edifici entro il 2050. Un obiettivo ambizioso che necessita della collaborazione di tutti gli Stati membri per essere raggiunto, così come di un imponente piano di aiuti economici finalizzati a sostenere le spese che la riqualificazioni edili comportano. Il ministro Giorgetti, infatti, teme che la riqualifica ecosostenibile degli edifici si trasformi in una sorta di “Superbonus 110% parte 2“. Il voto contrario dell’Italia si è aggiunto a quello dell’Ungheria e all’astensione di Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia.
“Abbiamo esperienze in Italia in cui pochi fortunelli hanno rifatto le case grazie ai soldi che ci ha messo lo Stato, cioè tutti gli altri italiani, e diciamo che è un’esperienza che potrebbe insegnare qualcosa” ha dichiarato Giorgetti, mettendo in guardia su quelli che potrebbero essere gli scenari futuri.
Entro il 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione nei Paesi europei dovranno essere a emissioni zero, il consumo medio di energia primaria degli edifici residenziali dovrà essere ridotto del 16% ed entro il 2035 del 20-22%. La ristrutturazione degli edifici più deteriorati, che in Italia sono il 43% degli edifici totali, dovrebbe permettere di raggiungere questi obiettivi. L’ostacolo più grande è però sempre quello economico.
Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa ha però cercato di placare la situazione: “È importante chiarire che nessun obbligo di intervento sugli immobili è a oggi previsto. Solo il governo potrebbe imporlo, recependo la direttiva“. Il nostro Paese, quindi, avrà la possibilità di decidere se adeguarsi alle richieste Ue o ignorarle, e il presidente Testa ha dichiarato: “Nei due anni previsti per decidere, confidiamo che l’esecutivo faccia in modo che il provvedimento venga modificato nella prossima legislatura europea“.
Le critiche dell’opposizione sul voto contrario di Giorgetti
L’eurodeputata del Partito democratico e vicepresidente della Commissione Industria del Parlamento Ue, Patrizia Toia, ha confermato che “la direttiva sulle case green non impone alcun obbligo ai cittadini, ma chiede agli Stati nazionali di impostare politiche sensate e a lungo termine, mettendo anche a disposizione risorse europee, per migliorare l’efficienza energetica e la salubrità degli edifici“.
Il capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia, ha dato voce alle critiche dell’opposizione, dichiarando che il voto contrario di Giorgetti è “davvero un triste spettacolo che renderà sempre meno credibile il nostro Paese in Europa“. Il Movimento 5 Stelle ha invece definito “una scelta pericolosa“, quella presa dal ministro del Mef.