A quasi 13 mesi dalla sua elezione a segretaria del Pd, Elly Schlein ha deciso di mettere in atto ciò che aveva promesso ai cittadini quel 12 marzo 2024. “Estirperò” malcostumi e irregolarità, aveva detto la segretaria dimenticando poi questa piccola promessa, a causa di problemi ben più gravi da affrontare. Da quel giorno il partito è cresciuto, sembra abbia raggiunto il 20%, ed è pronto a sfidare la coalizione di destra e anche in Movimento 5 Stelle, pur di raggiungere l’Europarlamento.
Ad affossare il partito, proprio poco prima dell’inizio della campagna elettorale, sono stati una serie di scandali che hanno colpito da vicino la segretaria e ricordato al popolo la promessa non mantenuta. Prima l’inchiesta sulla corruzione elettorale in provincia di Bari, dove l’assessora Anita Maurodinoia ha deciso di dimettersi a causa delle accuse nei confronti di suo marito, e poi quella a Torino, dove sono saltate le teste di Salvatore Gallo, che secondo l’accusa “favoriva amici e sostenitori privati nell’ottenere alcune concessioni e autorizzazioni della pubblica amministrazione in cambio di sostegno elettorale e voti“, e di suo figlio Raffaele.
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Insomma, Elly Schlein si trova tra le mani un problema piuttosto scottante e, se non fosse abbastanza, ha puntati addosso gli occhi sia degli esponenti del suo stesso partito sia di quello di Giuseppe Conte. Lo stesso che pochi giorni fa la dem aveva accusato di “slealtà” a causa della sua decisione di ritirarsi dalle primarie a Bari, a tre giorni dal voto. Oggi Schlein ha deciso di cambiare rotta e di intimorire gli aderenti al partito, per evitare che durante la sua amministrazione si ripetano gli scandali che oggi fanno tremare il Pd.
Il giro di vite di Schlein in vista delle Europee
La segretaria del Pd sembra aver compreso che l’epoca dei giochi e delle coalizioni di fortuna si è conclusa. È arrivato il momento di mostrare i denti e di affilare le unghie per evitare ulteriori screzi e soprattutto nuovi scandali che potrebbero inficiare il successo del partito alle Europee, e alle Regionali stesse. Giuseppe Conte non ha esitato a colpire proprio quando i dem erano più deboli ed ora sta alla segretaria comprendere in che modo ristabilire l’ordine.
Sembrerebbe che Schlein abbia puntato sulla linea dura, almeno su carta, dando inizio ad una sorta di pulizia del partito, che dovrebbe anticipare quella già prevista per il dopo Europee. Per entrare nelle liste del Pd per l’Europarlamento, infatti, non basterà più essere esponenti dem. Bisognerà presentare i propri documenti, compresi quelli riguardanti ipotetiche condanne e carichi pendenti e bisognerà sottoscrivere un’autodichiarazione in cui ci si impegna a denunciare eventuali fenomeni di voto di scambio, intimidazioni nella campagna elettorale e tentativi di corruzione.
Un modello che si basa su un progetto nato per la Campania e che ora verrà invece condiviso da tutta Italia. “Contro le resistenze noi andremo avanti, per il cambiamento. La verità è che nessuno voleva un Pd che rialzasse la testa, molti scommettevano sul fatto che non ce l’avremmo fatta. E invece eccoci qui“, ha detto Elly Schlein, mostrando come non saranno scandali legati alle amministrazioni precedenti alla sua a fermarla.
Dopo il 9 giugno avrà poi inizio il vero momento di comando della segretaria, che sarà impegnata in una sorta di decluttering del partito, ovvero nell’eliminazione della parti non più necessarie e ormai troppo pesanti. Schlein lo aveva promesso, e sembra prometterlo anche oggi. Quel che resta da vedere è se realmente rispetterà ciò che ha detto. L’obiettivo per ora è creare un Pd che sia “trasparente” e che non cada nuovamente negli errori di Bari e di Torino.
Il nuovo Codice etico del Pd
Il nuovo decreto anti-corruzione è stato varato dal senatore Antonio Misiani, responsabile Economia, che ai cronisti ha sottolineato come questo giro di vite non sia direttamente consequenziale ai fatti di Bari o di Torino. “Questo lavoro è iniziato tre mesi fa, riprendendo una serie di buone pratiche di trasparenza adottate in passato in alcune amministrative campane“, ha infatti dichiarato il responsabile.
Nello specifico il Codice prevede che i candidati, oltre a dover avere la fedina penale pulita, si impegnino a sottoscrivere una dichiarazione contenente l’impegno a “denunciare alle forze dell’ordine eventuali tentativi di condizionamento del voto, di voto di scambio, di intimidazione, di corruzione o di concussione nel corso della campagna elettorale e dell’eventuale mandato amministrativo“. I candidati dem sono inoltre esortati a seguire “i principi di trasparenza e legalità“.
Principi che sembrano piuttosto ovvi ma che finora non erano abbastanza imposti ai candidati del Nazareno. Eppure, Misiani continua a evidenziare come non vi sia un collegamento sui recedenti fatti di corruzione elettorale e il nuovo Codice. In tutto questo rimane da chiarire in che modo questo nuovo codice differirà da quello precedente, che secondo gli esponenti del partito fino a questo non ha funzionato.
Schlein: “Con strappi e ultimatum non si arriva da nessuna parte“
Il passo indietro repentino di Giuseppe Conte ha provocato una nuova frattura tra il M5S e il Pd. Una coalizione che fa discutere, sia all’interno che all’esterno, e che dopo la vittoria in Sardegna sembra essersi arenata. “Squadra che vince non si cambia” aveva ricordato Schlein, ignara di ciò che in poche settimane sarebbe avvenuto.
Prima lo strappo in Piemonte, con i due partiti che correranno uno contro l’altro con due candidati diversi, poi lo scandalo a Bari che ha spaccato nuovamente la coalizione. I due pilastri instabili del “Campo largo” si sono allontanati ed hanno compromesso l’intera struttura. Schlein rimane però moderata e continua a chiedere la ricostruzione dei rapporti tra i due partiti, allo scopo di costruire l’alternativa alla “destra peggiore che sta governando il Paese“.
Proprio per questa visione si è reso necessario riportare un po’ di ordine nel partito, per accontentare chi si è innalzato a paladino della giustizia e della trasparenza. Anche per questo a Torino, Raffaele Gallo, figlio di uno degli indagati per corruzione elettorale, ha deciso di dimettersi dalla sua posizione di capogruppo del Pd in Consiglio regionale e di rinunciare alla sua candidatura alle Regionali.
“A tutela dei miei figli e di mia moglie e con senso di responsabilità e rispetto verso il Pd ritiro la mia candidatura. Ribadisco di aver sempre cercato di svolgere la mia attività per il bene del Piemonte, con la massima onestà e trasparenza – ha dichiarato Raffaele Gallo – Sottolineo anche la mia totale estraneità a comportamenti anche solo lontanamente assimilabili a una vicinanza alla ‘ndrangheta“.
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