Per quanto se ne voglia dire la disputa sul Ddl Autonomia non è patriottica e non è neanche costituzionale. I veri problemi sono due: l’aumento delle disparità tra Nord e Sud e le risorse da destinare ai Lep, “Livelli essenziali delle prestazioni”, ovvero i diritti civili e sociali da garantire in tutte le Regioni. Questo il terreno di scontro di maggioranza e opposizione: aumento delle disparità e risorse per contenerle.
I probabili costi dei Lep
Secondo le prime stime, i costi per garantire i Lep dovrebbero aggirarsi intorno agli 80/100 miliardi di euro. Calderoli, però, non batte ciglio sulle somme da destinare al sostegno dell’Autonomia differenziata. Una fonte tecnica vicina al dossier, interpellata da La Stampa, ha fatto sapere che “A meno che non si vogliano stravolgere completamente le prestazioni, è ragionevole attendersi che i fabbisogni standard non si discosteranno molto dalla spesa statale attuale“.
Insomma, Calderoli spera di fare il bis degli asili nido, che alla fine sono costati un miliardo per uniformare il servizio in tutta Italia. È tutto molto in forse, ma il fatto che la riforma possa avere un costo zero, come sostenuto da Calderoli, non sembra molto plausibile. L’unico campo di gioco ancora aperto per il centro-destra sulla partita del ddl Autonomia sembra essere il fattore tempo. La cabina di regia guidata dal professor Sabino Cassese ha un anno, grazie al decreto Milleproroghe, per individuare le esatte prestazioni da inserire nei “Lep”. In più, il ddl Calderoli contiene una delega attraverso la quale si interverrà sui livelli essenziali con dei decreti legislativi entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge. Insomma, se ne riparla a 2026 inoltrato.
Il Vaticano l’unica opposizione non imbarazzante in Italia sul ddl Autonomia
L‘opposizione si è da subito mostrata contraria al ddl Autonomia, considerando i costi sui Lep “una presa per i fondelli agli italiani“: “Anche definendo dei Lep minimali non ci sono soldi per finanziarli. L’Autonomia non si attuerà mai e resterà solo sulla carta” tuona Dario Parrini del Pd, che ha seguito il percorso del dossier in commissione Affari Costituzionali. “Dall’altra parte il progetto è pericoloso perché manda un messaggio di sfascio dell’unità nazionale, aprendo la strada alla regionalizzazione della sanità, della scuola, della previdenza, dei trasporti” ha concluso su la Stampa il dem. Dello stesso avviso il M5s e Avs.
Dall’opposizione, come una curva da stadio, si elevano cori: “Se non corriamo insieme nessuno corre“; “Pazienti di serie A e serie B“; “Avete subito l’offesa della bandiera della Serenissima sventolata in aula dalla Lega“. Il problema è che quasi nessuno del Pd e soprattutto del M5S sembra ricordarsi la storia recente e le loro “vecchie” posizioni sul ddl Autonomia. Giuseppe Conte stavolta scivola, non ricordandosi il baratto fatto al tempi durante il suo primo governo: il partito pentastellato accettò tra i punti cardine, voluti dalla Lega, la riforma sull’Autonomia in cambio del suo reddito di cittadinanza. Se non è stato attuato allora è per la caduta precoce del governo grillino. Anche il Pd non è da meno. Ai tempi della proposta del referendum sull’Autonomia aveva proposto di rispondere con un “sì critico” da scrivere sulla schede elettorali.
Anche Fratelli d’Italia non sembra toccare la realtà con mano quando pensa che non possano esserci squilibri o scenari di divario tra settentrione e meridione. A descrivere un possibile futuro non tanto utopico e sollevare dei ragionevoli dubbi è Marcello Veneziani su la Verità: “Se il Nord si staccasse su un piano amministrativo dalle Regioni meno ricche? E nelle città i quartieri ricchi dai rioni poveri? Noi paghiamo le tasse quindi vogliamo servizi migliori rispetto alle periferie. Ma nessuna comunità regge sul primato dell’egoismo“. Bel problema.
L’unica opposizione che non imbarazza l’Italia sulla questione dell’Autonomia differenziata è il Vaticano. Nella vicenda è intervenuto sul Corriere della Sera Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede: “Vale la pena percorrere questa strada? È un modo perché l’Italia possa diventare più solidale? Perché ci si possa aiutare reciprocamente, sapendo anche del grande divario che c’è tra una parte e l’altra dell’Italia? Se è questo, benvenuto, se non è questo c’è bisogno di chiedersi se convenga questa via“. Amen.