La richiesta di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyhau e il suo ministro della Difesa Yoav Gallant, come pure per tre capi di Hamas è la decisione sorprendente, e usiamo un casto eufemismo, presa dal Procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi), l’avvocato inglese Karim Khan.
L’equazione fra le azioni di uno Stato democratico, con un governo liberamente eletto dai cittadini, e quelle di un manipolo di assassini e tagliagole che il 7 ottobre 2023 hanno consumato un pogrom, massacrato, amputato e stuprato oltre 1200 israeliani e portato via oltre 200 prigionieri della cui sorte nulla è dato sapere, è qualcosa che ripugna alla coscienza di ogni democratico. Khan ha preso una decisione le cui conseguenze rischiano di essere devastanti per il diritto internazionale e per il dovere in capo a ogni Stato di difendere la vita dei propri cittadini da aggressioni e minacce.
Israele uguale ad Hamas significa che essere aggrediti e reagire fino a impedire future e certe aggressioni non è meno grave di chi ha aggredito e pianifica future e certe aggressioni. Aggressori e aggrediti, israeliani e terroristi di Hamas, oggi, e domani Putin e Zelenski, e domani ancora Khamenei che fa uccidere migliaia di iraniani, tutti finiscono in un unico e indistinto calderone. Eliminare ogni confine e distinzione fra vittime e carnefici significa abolire le ragioni della stessa Corte penale e cancellare con un tratto di penna le fondamenta del diritto che regola le relazioni internazionali e la convivenza fra i popoli.
Khan ha indirettamente dato ragione a quei Paesi, come gli Stati Uniti, che si rifiutano di riconoscere un qualsiasi valore giuridico alle decisioni della Cpi. Come ha fatto il capo di Stato israeliano, Herzog, che ha qualificato come “scandalosa” la decisione, aggettivo usato dal ministro degli Esteri austriaco e dal premier ceco. Uno scandalo tanto più grave poiché accentua ulteriormente il clima cupo in cui si addensano i veleni di un antisemitismo non più solo risorgente ma ormai pienamente manifestato in molte capitali dell’Occidente.
C’è un risvolto non troppo paradossale delle decisioni di Khan. “Bibi” Netanyhau, fino a ieri contestatissimo dagli israeliani, da questa sera potrà sentirsi meno solo. L’effetto della sciagurata decisione porterà inevitabilmente gli israeliani a stringersi e riconoscersi pienamente nel governo, pur criticandone la campagna militare su Gaza, critiche che riguardano forse modalità e tempi ma non certo la sostanza perché sgominare i terroristi è un obiettivo condiviso dagli israeliani e non solo.
Brilla in questo scenario sempre più cupo l’ordine sparso in cui si muove l’Europa. Circostanze simili mettono in luce quanto grandi siano e ancora a lungo rimarranno le differenze di impostazione politica, di view sulla scena internazionale. I ministri degli Esteri di Spagna e Belgio plaudono alla decisione di Khan, criticata aspramente da Vienne e Praga, ma anche dai liberali tedeschi. Nessuna esitazione è venuta da Jo Biden: vergognosa e scandalosa la decisione di equiparare Israele e Hamas. Questa è ancora l’America e l’Occidente. Dall’Europa arriva un inane e soffocato brusio di fondo.