Esisteva una divisione semplice e rappresentativa fra destra e sinistra. Per la destra l’obbiettivo era la produzione di ricchezza, per la sinistra la sua distribuzione. Oggi questa divisione sembra annientata. La sinistra è più proclive ai diritti civili che non a quelli sociali legati al lavoro e all’economia. Le tematiche sollevate dalla segretaria pd sono ben poca cosa, quasi di maniera.
Il sindacato affine è in massima parte costituito da pensionati e non dispone di politiche adeguate alle nuove realtà.
La destra per suo conto non parla più di “ricchezza” o produzione di redditi, ma di ‘ crescita economica’ meramente quantitativa e di conti pubblici ‘da risanare’. Il mantra dei governativi è ‘con il governo Meloni l’economia cresce’. Si ignora che la crescita quantitativa, sta all’aumento della ricchezza della comunità come un manuale di storia sta alla spiegazione delle teorie cibernetiche . Il nodo alla fine viene al pettine: ‘ISTAT: Economia italiana cresce ma aumenta la povertà. Crescono gli occupati ma cresce la povertà assoluta’. La logica comune rileva una contraddizione insanabile. Più occupati, più crescita, più poveri.
Ci dovrebbe essere chi coglie l’ incongruenza e si pone il problema di rimuovere l’errore di sistema che provoca questa illogica sequenza. I numeri: un italiano su 10 non sa come procurarsi un pasto al giorno, 2 su 10 sono in stato di povertà, cioè 1 pasto sì, ma 2 no. Il rischio povertà sfiora 25 milioni di connazionali, spesso occupati e i redditi hanno diminuito il loro potere d’acquisto anche del 30%. Un disastro. Anche se beffardamente ‘ l’economia cresce’. Si dovrebbe chiedere (ma a chi?) un mutamento di rotta per sanare una situazione incoerente, dannosa e contraria al target delle democrazie liberali: libertà benessere diritti. Contro le aspettative e le promesse il governo non ha cambiato indirizzo e ha continuato a avvalersi dei parametri e delle metodologie dei precedenti esecutivi da Monti in poi.
L’opposizione, anima di quei governi, non ha motivo di mutare indirizzo. Così destra e sinistra non appaiono movimenti distinti, ma al massimo come due correnti di un unico rassemblement.
In questi tempi sono patrimonio comune di destra e sinistra assi portanti fondamentali: la postdemocrazia con il governo reale in mano ai mercati finanziari e alla burocrazia nazionale e UE, la scelta quantitativa per misurare la crescita( nessuno che parli di wellbeing systemal posto del parametro P.I.L) la contabilità virtuale utile alle piattaforme speculative. Come sono principi caldeggiati da destra e sinistra il primato riservato al debito pubblico anzichè al migliore impiego della ricchezza e del risparmio privato.
La deriva bellicista, l’acritica adesione all’atlantismo, la visione gregaria di una Unione Europea all’ombra degli Stati Uniti sono patrimonio dei partiti di Elly e di Giorgia. Potrebbe rimanere un ultimo enclave in cui destra e sinistra si dovrebbero differenziare: i tributi. La sinistra li mette la destra li toglie. Ma non è così. Questo governo è dentro un’orgia di tributi, accise alle stelle, iva iniqua, bollette che minano i redditi, fino alla recente conferma dell’accettazione del concetto di sugar tax e plastic tax. Anche in questo campo sinistra e destra si saldano. Le due correnti si distinguono soltanto per questioni etiche sulle quali si danno surrettiziamente battaglia.
Per marcare differenze nella realtà labili e preservare il sale del confronto apparente avrebbe dovuto andare in scena lo show Tv Elly- Giorgia . Sono una donna/ amo una donna , sono una madre/ non sono una madre, sono italiana non sono italiana, sono cristiana/non sono cristiana
Pacchia per il gossip e sceneggiata gradita ai meno provveduti e ai potenti. Ma basi neppure pensabili come manifesti contrapposti destra / sinistra. Tutto questo si svolge in uno scenario dove bombe e stragi competono nei media con le rappresentazioni di un consumismo senza freni, di scintillanti modelli di successo, di allarmi climatici e morti sul lavoro, in un incommentabile minestrone, scontata anticamera narrativa di tragedie incombenti prevedibili anche se per i cittadini inattese nel concreto quotidiano.
Una sorta di olocausto provocato, neppure catartico, di un mondo dove dominano il virtuale, l’irreale, la riccanza svergognata, i pietismi pelosi, le ipocrisie di maniera di un potere arrogante, i debiti sovrani e i gestori burofinanziari delle esistenze di tutti noi.
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