“La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e da quella della carriera requirente”. È il buongiorno della troppo a lungo attesa riforma della giustizia, il primo capoverso del testo approvato in Consiglio dei ministri e letto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Per chi avesse ancora dubbi, Nordio è stato ancora più chiaro: la separazione dei ruoli fra magistratura requirente e giudicante, cioè tra giudici e pm, non intacca minimamente “la cosiddetta cultura della giurisdizione … essa rimane inalterata, però vi è una unità nella diversità o una diversità nell’unità, nel senso che sono due funzioni separate, però entrambe sono autonome e indipendenti. Abbiamo dato rilevanza costituzionale anche al fatto che la magistratura requirente è, deve essere e resterà indipendente da qualsiasi interferenza del potere esecutivo, da qualsiasi pressione di altri organismi – ha spiegato – gode e godrà delle stesse garanzie di indipendenza della magistratura giudicante”. Separazione delle carriere e per questo due Csm, uno di magistrati giudicanti e un secondo di magistrati requirenti.
Si tratta con ogni evidenza di una riforma destinata a incidere in profondità sulla dinamica del processo e prima ancora nella fase dell’istruttoria. L’indagato, nel caso si andasse a giudizio, sarà giudicato da un magistrato giudicante, radicato in questo ruolo e senza possibilità alcuna di passare al ruolo di requirente. Il perno del provvedimento è nelle garanzie costituzionali sulla riconfermata autonomia dei due ruoli, messi così al riparo da qualsivoglia interferenza di altri poteri, e di quello esecutivo in particolare.
Sono 8 gli articoli della riforma, le modifiche riguardano l‘articolo 87 della Costituzione e l’intero Titolo IV, intitolato ‘La magistratura‘. Vediamo più da vicino le novità introdotte dal governo:
L’articolo 1 interviene sui poteri e le preogative del presidente della Repubblica – che è anche presidente del Csm – e con l’ok alla riforma costituzionale presiederà il Consiglio superiore della magistratura “giudicante” e quello “requirente”. L’articolo 2 interviene sull’articolo 102 della Carta, ed è il cuore della riforma, prevedendo “distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti”. L’articolo 3, modifica invece l’articolo 104 della Costituzione, e riguarda la composizione e le modalità di nomina dei componenti del Csm giudicante e di quello requirente: entrambi sono presieduti dal Capo dello Stato, restano in carica 4 anni e ne fanno parte, rispettivamente, il primo presidente della Cassazione e il procuratore generale; gli altri membri – e questo è uno dei punti in bilico fino alla vigilia – sono estratti con un sorteggio ‘temperato‘.
Sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge. Probabile che quindi ci sarà bisogno di una nuova legge ordinaria su questo ultimo punto.L’articolo 4 fissa, invece, le attribuzioni dei due Csm – restano le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati – mentre affida la competenza sulle decisioni disciplinari a una Alta corte disciplinare composta da quindici giudici, tre di nomina presidenziale, tre estratti a sorte da un elenco predisposto dal Parlamento, sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte.
L’articolo 5 modifica l’articolo 106 della Costituzione: su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, “magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni”. Gli articoli 6 e 7 apportano modifiche di drafting alla Costituzione che derivano dall’istituzione dei due distinti Csm. Infine, l’articolo 8 prevede le disposizioni transitorie: le nuove disposizioni sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare “sono adeguate alle disposizioni della presente legge costituzionale entro un anno dalla sua entrata in vigore”.
Il provvedimento contiene una novità che si annuncia abbastanza controversa e su cui è facile presumere un duro confronto nelle aule parlamentari. Ci riferiamo all’Alta corte, composta da 15 magistrati, organismo che sottrae ai due Csm le competenze disciplinari sui magistrati. Una forma di autodichia esercitata dal Csm, causa negli anni di polemiche vivaci per il presunto eccesso di indulgenza nei confronti di magistrati citati in giudizio per inadempienze o abusi nell’esercizio del potere del loro ufficio. Il trasferimento della materia disciplinare a un organo terzo in cui le toghe non sono maggioranza, visto con gli occhi del cittadino, è un punto oggettivo di forza. Fra le obiezioni possibili della magistratura, sicuramente la più incisiva riguarderà il condizionamento che potrà venire alla loro indipendenza e autonomia. Sul punto, ovviamente, si annuncia un confronto serrato in Parlamento.
Che cosa comporta questa riforma, una volta approvata dal Parlamento? La novità maggiore, come si diceva, è la separazione delle carriere. È il nodo che nessun governo di destra (perché il punto non figurava mai nei programmi del centrosinistra) era finora riuscito a sciogliere. Meloni e Nordio si accingono all’impresa più che mai determinati a raggiungere l’obiettivo. È da vedere, ovviamente, se si riuscirà a creare il giusto clima politico e parlamentare, evitando lo scontro con le opposizioni il cui coinvolgimento è essenziale e può essere decisivo per avere una riforma equilibrata. Se, al contrario, anche questa riforma dovesse essere un’altra bandiera da agitare, come è il premierato, allora assisteremo alle solite e inconcludenti risse. Senza alcun vantaggio per l’Italia.