Mi noto di più se non mi candido, oppure se mi candido e me ne sto in disparte? Elly Schlein è finita dentro il dilemma di Nanni Moretti, un po’ per le sue incertezze e l’astrusità dei calcoli sulla convenienza e sui rischi di una candidatura europea; un po’ perché quel nido di vipere ammazza-segretari che è il Pd l’ha spinta nell’angolo, senza che lei opponesse una qualche resistenza. Il fatto triste è che più si allunga il brodo e più difficile sarà per Schlein decidere se è ora di mettere in tavola. L’idea poi che lei possa decidere dopo che avrà deciso Giorgia Meloni appare davvero bislacca e, se davvero così fosse, rivela una notevole dose di ingenuità politica. Meloni può decidere tranquillamente, comunque andrà il voto europeo lei è e rimarrà ben salda al governo e il suo partito resterà la forza di maggioranza relativa. Se si candida, dicono i sondaggi, porterà FdI al 32%, altrimenti resterebbe al 29-29,5%. Per Schlein, invece, candidarsi e incassare un risultato negativo, per dire un Pd al minimo storico del 17-18%, vorrebbe dire magari essere eletta ma rimanere a Strasburgo senza il biglietto di ritorno per Roma.
L’orizzonte non si fa per lei più roseo guardando alle regionali. Le spine più acuminate, come per Salvini, anche per Schlein vengono dalla Sardegna. Ha sottoscritto un accordo con il M5S per candidare una grillina e ignorato la candidatura di Renato Soru, presente nell’album dei fondatori dell’Ulivo. Naturalmente Renzi e Calenda (separatamente, per carità) lo sostengono contro il Pd e già questo suona come un de profundis per la coppia Schlein-Conte. Non bastasse, si aggiunge per sovrapprezzo il caso di Firenze. Nel capoluogo toscano il Pd presenta l’assessore Sara Funaro, candidata di solida esperienza politica. Con un neo: è stata scelta con le primarie, voluta da Nardella, e con esclusione di Renzi. L’ex premier ovviamente se l’è legata al dito e, boatos di palazzo, lo vedono trescare con Dario Franceschini per dare un dispiacere al Pd e a Schlein. Per qualunque leader “democratico”, non solo per Schlein, è impossibile perdere Firenze senza rimetterci l’osso del collo. Dalla famiglia Franceschini, per mano della moglie De Micheli, è venuto un pesante warning alla segretaria: lascia stare, non candidarti perché toglieresti posti alle donne. E poi il Pd è una forza plurale e non sta bene vedere una segretaria pigliatutto. In sintesi: fai attenzione, non tirare la corda.
Speculare alla Schlein, che deve cercare di conquistare quello che non ha, è il caso di Salvini, che deve cercare di non perdere quello che ha. È la perdita di Christian Solinas è un macigno terribile. Si può dire che la sua mancata ricandidatura simboleggia la fine della campagna nazionale della Lega. Ma l’ingordigia dei Fratelli non conosce limiti. Meloni ha allungato gli occhi sul Veneto, cioè sul più vasto serbatoio di voti della Lega nella sua culla nordista. Salvini scalpita e rimugina, ma sa che non può permettersi una nuova modalità Papeete senza essere disarcionato dalla leadership. Del resto, gli è stato spiegato, FdI al 30% e la Lega a uno stentato 8% impone un riequilibrio sul piano del potere locale.
Ecco allora che si materializzano fantasmi che mai Salvini avrebbe voluto incontrare. Il senso dell’assedio è forte: il quasi suocero Verdini e il quasi cognato, figlio del quasi suocero, indagati dalla magistratura e le opposizioni che incalzano per chiedere al ministro di riferire in Parlamento. Un assist formidabile per la presidente Meloni: quale occasione migliore per dare una mano al tuo alleato in difficoltà e poi chiedergli la ricompensa politica e di non tirare più calci negli stinchi del governo? La nave salviniana, nel 2019 simile a una corazzata inaffondabile, sembra oggi inservibile anche solo come scialuppa di salvataggio. Chi oserebbe salirvi vedendo che imbarca acqua da ogni dove? Da notare che le manovre provocatorie contro Meloni, avviate da Salvini in chiave europea, come la manifestazione di Firenze con i leader dell’ultradestra, sono scomparse dall’orizzonte. Lui deve sentirsi abbastanza frustrato con i guai famigliari da una parte e la morsa della Meloni sempre più stretta dall’altra parte. Insieme a Schlein, è Salvini il leader più precario alla guida del partito. Meloni dovrà darsi un solo obiettivo: vincere senza stravincere. Perché una sconfitta umiliante dei suoi alleati potrebbe innescare una spirale pericolosa per il governo.