Respinta, da parte della Corte Suprema americana, la richiesta del procuratore speciale Jack Smith di verificare in breve tempo il nodo dell’immunità presidenziale rivendicata da Donald Trump nel procedimento per l’assalto al Congresso. Una manna dal cielo per il tycoon che confida nello slittamento del processo del 4 marzo a suo carico.
I suoi legali, pronti a tutto pur di ritardare l’inizio del processo in modo che non coincida con le scadenze delle elezioni, sostengono che il repubblicano goda di “immunità assoluta” per le sue azioni quando era a Washington. Per tale ragione non dovrebbe affrontare il processo. Dunque a metà dicembre Smith aveva fatto richiesta ai saggi di verificare urgentemente l’immunità aggirando il normale processo nelle corti di appello, ma la Corte ha respinto, senza dare alcuna spiegazione, la richiesta di esame accelerato.
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Una vittoria per Trump
La decisione della Corte Suprema rappresenta una vera e propria vittoria per Orange man che aveva chiesto ai saggi di non accelerare l’esame. Senza spiegazione e senza dissensi pubblici, la Corte ha lasciato la patata bollente alle corti d’appello, che dovranno quindi guardare la questione per prime. Il mancato intervento in tempi rapidi rischia di far slittare i processi a carico di Trump, con conseguenze anche sulla campagna elettorale.
Smith chiedendo alla Corte Suprema di accelerare l’esame aveva legato il caso Trump a quello di Richard Nixon del 1974, quando l’allora presidente fu costretto su decisione dei saggi a consegnare informazioni della Casa Bianca da usare nel processo per il Watergate.
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