Nella notizia che sconvolge il mondo sono tante le procedure da seguire per il protocollo reale, fra giorni di lutto nazionale e cerimonie funebri
È morta la regina Elisabetta. Alla veneranda età di 96 anni, la sovrana più longeva del Regno Unito si è spenta nella dimora scozzese di Balmoral. Al numero 10 di Downing Street, squilla il telefono della neoeletta primo ministro Liz Truss, con un semplice e chiaro messaggio: «London bridge is down», ovvero «Il ponte di Londra».
Tre parole, semplici ma emblematiche, che sanciscono una nuova era per il Regno Unito e per tutto il mondo. Il significato è semplice: è morta la regina, inizia il protocollo d’emergenza. Ogni membro della “Royal family” è, infatti, associato a un nome di un ponte e relative operazioni con il nome in codice da usare.
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Il piano London Bridge, per l’ipotetica morte della regina Elisabetta, fu creato fin dagli anni Sessanta e revisionato più volte nell’arco dei decenni. L’organizzazione coinvolge gli agenti della città di Londra, le forze armate britanniche, la chiesa anglicana e persino i media britannici. Un impalcatura perfetta, da portare avanti fino all’ultimo momento.
Il protocollo vede che, nel momento successivo alla morte della regina, il segretario personale di Elisabetta faccia partire un giro di telefonate a cascata: la prima persona a dover essere informata è proprio il primo ministro, al quale è pronunciata la simbolica frase. Da Downing Street la comunicazione si allarga: saranno contattati tutti i Ministeri, poi i Paesi fuori dal Regno Unito governati dai Windsor e, infine, tutte le Nazioni del Commonwealth.
Anche la BBC è coinvolta nel piano: come si è potuto notare fin dagli ultimi attimi di vita della regina, ogni giornalista, conduttore od operatore era vestito di nero, colore del lutto. Ogni trasmissione è immediatamente sospesa per dare spazio agli omaggi alla regina.
Un piano provato e comprovato, che veniva provato negli anni precedenti sostituendo il nome di Elisabetta con quello di una qualsiasi Mrs.Robinson. Anche gli altri media sono estremamente preparati: dalle radio, che passeranno solo musica inoffensiva, fino ai giornali, con copertine già pronte.
Il lungo tempo prima del funerale
Le esequie della regina saranno celebrate fra circa 10 giorni, probabilmente il 17 settembre, nell’Abbazia di Westminster. La salma di Elisabetta II arriverà a Londra, trasportata dall’aviazione militare a Edimburgo e poi arrivare a Londra nel treno reale fra 4 giorni. Da quel momento fino al funerale, la bara sarà esposta a Westminster Hall, aperta per gli omaggi dei sudditi.
Re Carlo avrà l’agenda più dura da seguire, fra il lutto per la madre e i nuovi doveri reali: già da oggi dovrebbe parlare alla nazione per poi spostarsi nei giorni seguenti in Scozia, Galles e Irlanda del Nord.
Dopo la funzione, calibrata per un’ora, il feretro si sposterà verso Hyde Park per un ultimo omaggio a St. George Chapel, a Windsor, per poi arrivare nella cripta reale, dove sarà interdetto l’accesso alla stampa. Sarà Carlo, nuovo monarca e primogenito a lasciar cadere il primo pugno di terra sulla bara di Elisabetta II da una coppa di argento.
Dopo la regina: l’inizio di una nuova era
Nelle settimane successive alle esequie iniziano i passaggi più delicati per l’organizzazione del Regno Unito. Primo appuntamento fra tutti è l’incoronazione di Carlo come nuovo re.
Il giorno della morte della regina, quello dei funerali e quello dell’incoronazione non saranno solo lutto nazionale in tutto il Paese, ma anche giornata di chiusura per le banche e i mercati. Si stima che il prezzo della morte di Elisabetta II, in un momento già così delicato per l’economia inglese, sia oltre un miliardo di sterline.
Numerosi cambiamenti accadranno nel Regno Unito nei mesi a venire. Nuove monete saranno stampate dalla zecca, con il volto di re Carlo, e progressivamente le vecchie banconote con Elisabetta II saranno ritirate dalla circolazione.
Stessa cosa accadrà poi ai francobolli, passaporti e alle divise per gli agenti di polizia. Ma il passaggio più curioso è sicuramente il cambiamento nel testo dell’inno nazionale: da «God save the Queen», Dio salvi la regina, a «God save the King», Dio salvi il re.
La morte di Elisabetta apre una nuova stagione politica a cui la monarchia britannica dovrà saper far fronte: dopo più di 70 anni di regno, non sarà facile trovare un nuovo equilibrio. Stiamo assistendo certamente alla fine di un’era.
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