Genocidio Tutsi, una nuova condanna dopo 30 anni

Condannato a 24 anni di carcere, il medico ruandese Sosthene Munyemana era stato denunciato nel 1995 con l’accusa di aver preso parte al genocidio dei Tutsi l’anno precedente

Redazione
3 Min di lettura

Munyemana, ex ginecologo ruandese di 68 anni, è stato dichiarato colpevole di crimini contro l’umanità, genocidio e di aver preso parte ad una cospirazione. All’epoca dei fatti il dott. Munyemana avrebbe contribuito alla creazione di posti di blocco utili a radunare le vittime Tutsi prima dell’eccidio avvenuto nel sud del Ruanda. A inchiodarlo sarebbe stata una lettera in cui ammetteva il proprio sostegno al governo provvisorio che si macchiò del crimine.

Il processo contro Munyemana

La sentenza, emessa dalla Corte d’Assise di Parigi, ha lasciato scontento il pubblico ministero, che aveva chiesto per l’imputato una condanna a 30 anni, dato che il suo comportamento all’epoca dei fatti presentava i “tratti di un genocida. Il condannato è stato immediatamente condotto in carcere. I suoi legali hanno già reso noto che solleveranno istanza di appello, considerando il verdetto inammissibile a causa di alcune presunte contraddizioni significative nelle testimonianze della difesa.

Quella di Munyemana è la sesta condanna emessa in Francia per il massacro avvenuto ben tre decenni prima. Una storia agghiacciante che continua a sgomentare e indignare, e di cui ancora non sono stati resi noti tutti i dettagli, neanche il numero esatto delle vittime.

Il ruolo dell’occidente nel genocidio dei Tutsi

Come al solito, anche in questo caso l’occidente colonialista ebbe la sua parte di colpe su fatti avvenuti nel continente africano. A partire dal 1924 il Ruanda venne affidato dalla Società delle Nazioni al Belgio, che, nello sfruttamento coloniale si appoggiò solo a una delle etnie che conviveva nel paese, i Tutsi.

Considerati più intelligenti degli Hutu e dei Twa in quanto vicini agli standard occidentali (alti e dalla carnagione chiara), i Tutsi furono scelti per detenere il potere nel paese e si arricchirono sempre di più. In questo modo si accese la scintilla di odio razziale che per decenni avrebbe afflitto il Ruanda, culminando infine con un terribile genocidio.

Per ben tre mesi tra il 6 aprile e il 16 luglio 1994 venne compiuta una vera e propria strage, spaventosa tanto per il numero delle vittime quanto per i mezzi che vennero usati per compierla. Il massacro venne attuato da parte dell’esercito regolare e di milizie paramilitari, e col sostegno della Francia.

Si stima che morirono tra gli 800mila e 1 milione di persone, massacrate con armi da fuoco, ma anche machete e armi improvvisate come mazze chiodate. La maggior parte delle vittime era di etnia Tutsi, ma la follia coinvolse anche parte degli Hutu moderati, che rappresentavano la maggior parte della popolazione ruandese.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo