Più di 300 pallet di aiuti umanitari sono stati scaricati sulla costa di Gaza, il primo carico portato sul molo temporaneo costurito dagli stessi Stati Uniti. Un segnale di speranza per la popolazione della Striscia di Gaza, che da giorni vive sotto assedio e minaccia di carestia.
Anche altri Paesi si sono mobilitati. Londra ha annunciato il successo del trasporto di un carico di aiuti britannici verso la costa di Gaza, insieme a quelli provenienti dagli Stati Uniti e dagli Emirati Arabi Uniti, utilizzando il corridoio marittimo cipriota. La Francia ha confermato l’arrivo di una nave della marina militare con a bordo 60 tonnellate di aiuti, che saranno scaricati sul pontile americano.
Gaza: la guerra non si ferma
Nel frattempo, l’offensiva israeliana su Rafah continua senza sosta. Secondo Hamas, nuovi attacchi israeliani hanno causato la morte di due persone nel campo profughi di Berbera. L’Idf (Forze di Difesa Israeliane) ha riportato in patria i corpi di tre ostaggi israeliani – Shani Louk, Amit Buskila e Itzhak Gelerenter – “brutalmente assassinati” dopo la cattura avvenuta durante la fuga dal festival musicale Nova il 7 ottobre.
L’esercito israeliano ha inoltre dichiarato di essere impegnato in “feroci combattimenti” a Jabalia, nella zona settentrionale della Striscia di Gaza, e di aver completato la sua operazione nel quartiere di Zeitoun a Gaza City, uccidendo “più di 90 terroristi” in una settimana di raid. Inoltre, in Cisgiordania, un comandante locale del braccio armato della Jihad islamica a Jenin è stato ucciso in un attacco israeliano, come confermato sia dall’esercito israeliano sia dal movimento jihadista.
Il mondo occidentale cerca di far ragionare Israele
La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione l’evolversi del conflitto a Gaza. Israele ha annunciato l’intenzione di “intensificare” l’offensiva di terra a Rafah, provocando la reazione di tredici Paesi, tra cui Giappone, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito, Australia, Corea del Sud e sette Stati membri dell’UE, che hanno emesso un appello congiunto affinché Israele non lanci un’offensiva su larga scala.
Nel documento si richiedono anche “ulteriori sforzi” per migliorare i flussi di ingresso degli aiuti internazionali attraverso tutti i valichi possibili, incluso quello di Rafah. Gli Stati Uniti, contrari all’offensiva sull’ultimo rifugio utile per la popolazione di Gaza, hanno annunciato la visita in Israele del consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, che oggi farà tappa in Arabia Saudita.
Dal 6 maggio, quando Israele ha ordinato ai civili di lasciare le zone orientali di Rafah in previsione di una grande offensiva di terra, circa 640.000 persone sono fuggite dalla città, di cui 40.000 solo il 16 maggio, secondo l’ufficio israeliano per gli affari umanitari delle Nazioni Unite (Ocha). Al momento, un numero impressionante di civili si è rifugiato nella zona est della città, sostanzialmente in trappola, impossibilitati ad andarsene e tuttavia in grave percolo.