Dopo mesi di tensione e conflitto nel Medio Oriente, il panorama geopolitico della regione evolve con l’adesione dell’Arabia Saudita agli Accordi di Abramo con Israele, in un movimento mirato a contrastare l’influenza iraniana e a stabilizzare la regione.
Il Segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, ha annunciato da Riad che un patto di sicurezza tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita sarebbe “in fase avanzata”; accordo che includerebbe la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con Israele. Questo sviluppo, secondo Blinken, è cruciale per la stabilità dell’area, soprattutto dopo il recente conflitto nella Striscia di Gaza che dal 7 ottobre scorso ha fatto piombare nel caos il Medio Oriente.
Iran: il nemico numero uno della pace in Medio Oriente
Il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan, ha confermato che durante le discussioni con Blinken sono state delineate le linee guida per affrontare la questione palestinese, compresa la gestione del governo di Gaza una volta terminato il conflitto. Tuttavia, il percorso verso la pace è ancora ostacolato dalle tensioni tra Israele e Hamas. Blinken ha dichiarato che Israele ha presentato a Hamas una proposta di cessate il fuoco, ma l’organizzazione palestinese deve ancora prendere una decisione. Gli Stati Uniti si oppongono a un’offensiva israeliana su Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, temendo un elevato costo umanitario.
Il segretario di Stato ha anche ribadito l’opposizione degli Stati Uniti all’Iran, considerato la principale fonte di instabilità nella regione: sia per il recente scambio di attacchi e minacce con Israele, sia a causa della sua forte influenza sui governi e gruppi terroristici vicini. Secondo Blinken, ci sono due possibili percorsi per il Medio Oriente: uno caratterizzato da divisioni e violenza, e l’altro che punta a maggior integrazione e pace, nell’interesse di tutte le nazioni, non solo degli USA.
Accordo per Gaza: si teme ancora per Rafah
Tuttavia, la situazione rimane estremamente delicata. Molti leader arabi temono che le proteste contro il conflitto a Gaza possano trasformarsi in rivolte contro i regimi locali, simili a quanto accaduto durante le cosiddette Primavere arabe. Pertanto, c’è una forte pressione su Hamas per accettare una tregua. Per quanto riguarda Israele, le divisioni interne complicano ulteriormente la situazione: mentre alcuni leader spingono per un’azione militare più decisa contro Rafah, altri cercano di negoziare una soluzione diplomatica che non comprenda il massacro di altre migliaia di civili rimaste nell’ultimo porto sicuro della Striscia.
Secondo i media americani, il governo USA sarebbe in prima linea nel tentare di dissuadere Israele dal compiere una carneficina. Un fitto scambio di chiamate tra il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, continua da giorni, in un tentativo di convincere Israele ad evitare un’offensiva su Rafah e favorire un negoziato con Hamas capace di portare ad una tregua duratura.