Formaggi e bufale, la vera storia del Parmigiano 

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Caos dopo l’intervista di Marianna Giusti, giornalista del Financial Times, allo storico culinario marxista Alessandro Grandi, che ha cercato di sfatare molti miti relativi alla cucina italiana, definendola più americana che italiana

È caos dopo l’intervista di Marianna Giusti, giornalista del Financial Times, allo storico culinario marxista Alessandro Grandi, che ha cercato di sfatare molti miti relativi alla cucina italiana, definendola più americana che italiana. La tesi di Grandi non è certo inedita: le tradizioni, culinarie e non, cambiano continuamente, e il Financial Times ha quindi scoperto l’acqua calda. Ma un conto è polemizzare, un altro è mentire. Atteniamoci a solo uno dei molti esempi spiegati dal FT: il Parmigiano Reggiano. Secondo Grandi, il Parmigiano, quello originale, non lo fanno in Emilia-Romagna ma in Wisconsin. Infatti, sarebbe il Wisconsin Parmesan, portato in America da migranti italiani, quello più vicino al parmigiano originale, che al contrario della versione emiliana, ha una consistenza molto più soffice e pesa massimo 10 chili. Per Grandi, dunque, non avrebbe senso proteggere il Parmigiano con la Denominazioni di Origine Protetta (DOP), visto che il celebre formaggio è solamente un’invenzione del dopoguerra. E se volessimo assaggiare l’originale? Semplice, trovate un volo per Madison, la capitale del Wisconsin.

Le fantasiose ricostruzioni di Grandi 

Giovedì scorso, su Piazzapulita, Grandi ha ripetuto le sue affermazioni come verità storiche. Peccato per lui che non sia così. La “verità sul Parmigiano” è infatti un’altra. In origine veniva prodotto a cavallo tra la Lombardia e l’Emilia, principalmente nelle province di Parma, Piacenza, e Lodi. Già nel Medioevo veniva chiamato “parmigiano”, “grana”, o semplicemente “forma”, delineando una struttura alquanto grande. Versioni della denominazione d’origine protetta, il famoso DOP, esistono da secoli. Scusate la digressione storica, ma è necessaria. Nel 1612, il Duca di Parma e Piacenza, Ranuccio Farnese, ufficializza la denominazione del “formaggio Parmigiano”, spiegando in quali “luoghi” si potesse produrre. L’atto è ancora consultabile nell’Archivio di Stato di Parma. Effettivamente, però, Alberto Grandi non nega che l’esistenza di una specie di parmigiano sia esistita per secoli. Quindi, è giusto essere più specifici: non solo esisteva un formaggio parmigiano nei secoli passati, ma era anche simile a quello attuale. Già nell’aprile 1254, un notaio di Genova, Guglielmo Vegio, rogitava la vendita di una casa con un vitalizio, che contemplava anche una mezza forma di “casei parmensis”: la versione latina del formaggio parmigiano. Udite, udite… la mezza forma pesava ben 23 chili! Una forma di parmigiano (quello vero, non del Wisconsin) solitamente pesa tra i 20-40 chili, che significa che la forma rogitata dal notaio genovese era di taglia quasi identica a quella odierna. Ma forse era più soffice di quello moderno? E invece no, per questo basta essere appassionati di letteratura. Infatti, nella terza novella del Decameron, Boccaccio descrive il paese fittizio di “Bengodi”, un’estasi di delizie e abbondanza. Il paesaggio è un paradiso culinario, dove la gente cucina salsicce e ravioli in “brodo di cappone”, e la città è divisa da un “fiumicel di vernaccia”. In tutto ciò Boccaccio non dimentica il nostro parmigiano, visto che il paese è situato sotto “una montagna di formaggio parmigiano grattugiato”. Esattamente come quello che abbiamo sempre mangiato: duro, stagionato, e perfetto da grattugiare. Il Wisconsin Parmesan di Grandi è una bufala. E vi prego, non rubateci anche quella!

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