Modernismo e sensualità coesistono in un tripudio di tessuti innovativi e pregiati, nuove forme ed estro. Fashion e praticità hanno trovato finalmente il loro punto d’incontro grazie alle coordinate stilistiche offerte dai designer durante questa New York Fashion Week.
Ludovic De Saint Sernin
Per il suo debutto alla New York Fashion Week, il desginer Ludovic de Saint Sernin, porta in passerella una collezione nata e creata in collaborazione con la Robert Mapplethorpe Foundation. Il formidabile fotografo è sempre stato alle radici delle ispirazioni del brand ed ha anche contribuito ad elevare lo stretto legame che esiste tra la città di New York e il designer belga.
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Una collezione che emerge da echi di influenze rock anni ’70, un audace romanticismo interpretato dal satin impreziosito di tulipani e orchidee, ispirati dalla fotografia degli anni ’80 di Mapplethorpe e l’immancabile lattice e pelle calati in un elegante total black. Si tratta di una collezione ricca di determinazione, tensione sensuale e sentori di quella che era una fotografia focalizzata sul corpo umano, ricreando una vitalità delicata e ovattata e incarnando un ideale di bellezza propria alla Mapplethorpe proposta in bianco e nero. Si sta parlando di un “precoce fanciullo designer” brussellese di nascita, cresciuto in Costa d’Avorio e strasferitosi nella Ville Lumiere, che sta contribuendo a ridisegnare il futuro della moda.
Altuzarra
Una passerella che ha visto sfilare il festeggiamento di 15 anni di Altuzarra con una collezione ricca di citazioni iper personali del designer Joseph Altuzarra, legati ad un immaginario vivente nella drammaturgia di Henrik Ibsen e nella fotografia di Deborah Turbeville, tra teatralità, balletto, femminilità e spirito circense. Dinamicità, fludità e passione per l’equitazione, unito a capi provenienti dai ricordi per i nonni. Un’atmosfera famigliare che non è mai cambiata nel corso di questi 15 anni di vita.
Area
Man Ray e Andy Warhol. Surrealismo e Pop Art. Sono gli elementi ispirazionali che Piotrek Panszczyk ha considerato per la collezione FW 24 di Area. Quello che potrebbe sembrare di primo acchitto una grande paillette bianca accoppiata ad una più piccola nera è in realtà un occhio appartenente all’immaginario del cartoon, che si ripete all’infinito su abiti e accessori. Occhi dinamici, over sized, scherzosi ma che celano una severa architettura. Una rabbiosa sperimentazione, bizzarri materiali e oltraggiosi tagli sartoriali. Tutto condito da una atmosfera leggera, ariosa ricreata dagli abiti in passerella.
Proenza Schouler
Maglioni e cappotti semi infilati e una qualità elevatamente invidiabile. Jack McCollough e Lazaro Hernandez continuano con la loro signature infallibile fatta di silhouette aderenti e scultoree e materiali d’eccellenza. La scultura è il fil rouge della collezione di Proenza Schouler presentata alla New York Fashion Week.
“È una collezione che celebra la bellezza, con strati avvolgenti, un’enfasi sul comfort e sulla spiritualità. Il calendario della moda è pazzesco, è così veloce e il mondo sembra crollarci sulla testa in questo momento. Lavoriamo sull’istinto. Offriamo abbigliamento protettivo, morbido, bello, lussuoso e sensuale”, racconta Lazaro Hernandez. Proenza Schouler in tutta la sua essenza, si, l’essenzialità per eccellenza, il minimalismo per antonomasia, nei tagli ma anche nelle palette, tra neri, bianchi e gli appigli di oro. Una sospensione che non cade mai, fatta di drappeggi e silhouette con lo sguardo rivolto verso l’alto.
Helmut Lang
Tenendo ben in mente i pilastri su cui prende forma Helmut Lang, Peter Do presenta “Protezione vs. Proiezione“. Utilità, civiltà nell’accezione di educazione, cortesia e devianza, traslitterato in un “appetito per fare le cose nel modo sbagliato”. Peter Do, in questa sua seconda stagione da designer del brand, infonde un’essenza sottile, quasi impercettibile ma estremamente esistente e contempla una straordinaria contemporaneità firmata Do.
Tenta di avvicinarsi alla ricerca di un evoluto e moderno minimalismo per Helmut Lang, etichetta leader degli anni ’90. “Il modo in cui influenziamo il mondo è il modo in cui scolpiamo le nostre silhouette, ci costringiamo con le cuciture e apriamo gli spazi di cui abbiamo bisogno”, si legge nelle note della sfilata. Una collezione che vive risolvendo l’antagonismo tra abito come protezione e abito come proiezione di se stessi.
Khaite
Catherine Holstein è la designer che rende Khaite uno dei brand più desiderati. Questa volta descrive la coolness di vestire Khaite, rivolgendosi all’uso del nero in tutte le sue forme. Un mistero celato intorno alle modelle che valcano la passerella sicure, a testa alta e valorizzate da trench in pelle, importanti nelle spalle e dai volumi couture. In questo mare nero, d’improvviso, un sole rosso che appare in profondi toni corposi e densi. Una collezione giocata sulle geometrie di tagli e volumi.
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