Giacomo Balla e la Moda Futurista, segno ideologico del nuovo e proiezione del futuro

Il Movimento avanguardista milanese che fece della moda un fondamentale campo d’azione per alterare i vecchi equilibri nonché vincere sulla cultura accademica

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Fu in quel periodo che un inverno, i futuristi italiani irruppero a Montmartre, scortati da Marinetti. Naturalmente vengono da Picasso. Severini e Boccioni erano degli esaltati che sognavano un Futurismo capace di scalzare il Cubismo. Ostentavano comportamenti bizzarri, nel tentativo di distinguersi almeno fisicamente, di fare scalpore. Boccioni e Severini, avevano inaugurato la moda futurista di portare i calzini di colori diversi, intonati alla cravatta“. E’ così che Fernande Olivier, compagna di Pablo Picasso, dipinge lo spirito dei futuristi, continuando: “Perché li si vedesse bene, al Caffè dell’Hermitage, si tiravano su i pantaloni e scoprivano le gambe, una verde e una rossa. Il giorno dopo, il rosso aveva fatto posto al giallo e il verde al viola, ma i colori in generale dovevano essere complementari”.

Calzini dai colori sbagliati ma assolutamente complementari ed infinitamente pensati. In altre parole, dinamismo e vitalità in una violazione della norma, prendendosi gioco delle regole mentre sembrano rispettarle. Ed è così che il termine futurismo vive con tutta la sua efficacia il carattere di novità del movimento, il suo intento di proiezione verso il futuro e la volontà di rottura con un passato oramai statico per le esigenze cui si andava incontro. Naturalmente, l’entusiasmo di questi avanguardisti non poteva non toccare uno degli elementi fondamentali della vita e della società urbana: il modo di vestire di uomini e donne. 

La normalissima eleganza eccentrica

Giacomo Balla, Moda Futurista
Giacomo Balla, Moda Futurista

Il Movimento fece della moda un fondamentale campo d’azione per alterare i vecchi equilibri nonché vincere sulla cultura accademica. La moda futurista è definibile come un sistema di significazione: un sistema di senso entro cui si producono le raffigurazioni culturali ed estetiche del corpo rivestito secondo i principi creativi del futurismo. L’abito è descritto nei suoi dettagli artistici, tecnici e sartoriali. E’ studiato per il suo potere di significazione simbolica, sociale, ideologica e creativa. L’avanguardia milanese si fece interprete di un nuovo stile di rottura, al fine di rispecchiare la dinamicità, l’energia e la velocità.

Quello in cui nasce il Movimento d’avanguardia è un contesto storico annacquato dalla crisi finanziaria del 1907. La moda è femminile, francese e soprattutto firmata Paul Poiret, che nel 1908 libera finalmente le donne dal busto cambiandone radicalmente la silhouette. Nella Penisola tripartitica, le più note maison continuano a seguire pedissequamente i dettami di tale corrente. Un periodo in cui il traguardo della moda peninsulare è l’artisticità aulica dell’abito, da opporre a quello che si dice il costume corrente tipico della moda effimera, come dichiara, già dal suo nome, il comitato per una “Moda di Pura Arte Italiana”. 

La normalissima eleganza esibita dai futuristi possiede un tocco di eccentricità ulteriormente provocatoria. A dirla tutta, il perfezionamento non rende mai eleganti. Occorre di tanto in tanto errare e sfumare con una leggera trasandatezza ricca di accortezza e grande disinvoltura. L’importante è vestirsi in modo da compromettere il conformismo con un dettaglio, rimandendo però all’ultimo chic con un gilet celeste sotto il frac. Se si passa al Futurismo si abbandona immediatamente il precedente modo di abbigliarsi: barba e capelli tagliati, cravatta di tessuto eliminata, l’astiosa mantella fatta volar via. Rinfrescati e rasati, senza fiori all’occhiello e senza guanti.

La Moda Balla

Giacomo Balla, Moda Futurista
Giacomo Balla, Moda Futurista

Intrigante è il modo piuttosto pazzoide con cui veste di norma Giacomo Balla, il primo a teorizzare un vero e proprio guardaroba futurista. “Un cappello di paglia che sembrava d’impiallacciatura. La cravattina di celluloide tremolante come la gelatina. Vestito a scacchi, scarpe nere e ghette di gesso”, una tipica mise dell’avanguardista torinese descritta dalle parole del poeta e pittore Francesco Cangiullo. Balla studia l’abito come stato d’animo e suggerisce di relazionare direttamente il corpo e i vestiti attraverso strutture geometriche e colori organici.

Il futurista del dinamismo vuole progettare abiti che lo qualifichino per l’artista nuovo che è. Vuole vestire secondo un canone di propria originalissima eleganza, trovando il modo di conferire dignità di forme al proprio abbigliamento, semplice e pratico come l’autarchia di produzione impone. Balla deve, quindi, creare un’identità visiva che indiscutibilmente lo descriva come uomo della “dimensione fantastica” ma che sia, al contempo, anche di cifra stilistica concreta, moderna, credibile ed esplicitamente nuova.

L’Individuazione e la proposta di una propria personale immagine di vestito deve appartenere al binomio arte-vita futurista. E Balla ne crea il perfetto connubio. Il rosso del gilet dovrebbe rispondere per contrasto al grigiore delle case milanesi, in modo da instaurare una dimensione estetica e insieme effimera e mobile dello spazio urbano. 

La rivoluzione vestiaria del Futurismo

L’abito futurista non è una integrazione in uno stile di design, come era accaduto nell’ambito Art Nouveau o secessionista. La ricostruzione del movimento dei primi del ‘900 dell’abbigliamento non è una conseguenza o un adeguamento alla Moda. E’, vuole essere e necessita di essere l’occasione di portare in qualsiasi circostanza il rapporto sociale, il segno di una diversità. Capi sostanzialmente provocatori, sollecitanti, solleticanti, dal forte impatto emotivo, attualissimi, da indossare tanto in contesti futuristi quanto in quelli “passatisti”.

Un abito che diviene un segno capace di innescare l’attrazione e l’attenzione sensibile di chi guarda, distogliendo da ogni normalità contemplativa e proiettando dall’emozionalità immaginativa all’immaginazione liberata. I futuristi non sono minimamente tesi ad una riforma, ma ad una concreta rivoluzione per modificare il comportamento che lo stesso abbigliamento significa e al tempo stesso stimola. 

La moda Balla è assolutamente sovversiva come in generale la moda futurista. Uno stravolgimento di qualsiasi abitudine vestiaria, costruendo futuristicamente il vestito come oggetto plastico, attivo e provocatorio. Lo stravolgimento del cosiddetto buon gusto convenzionale strasgressore delle leggi dell’estetica, si attua proponendo e liberando dalla neutralità con il vestito antineutrale. Si vuole colorare l’Italia di audacia e di rischio futurista, dare agli italiani abiti giocondi, volitivi e aggressivi.

Una sovversione tutta futurista

Balla sostiene il bisogno di “inventare il vestito futurista allegrissssssssimo insolente acceso di colori iridati dinamico nelle linee semplici e soprattutto di breve durata allo scopo di aggrescere attività industriali e dare continuo godimento del nuovo al nostro corpo“. Da qui, l’artista si dedica alle stoffe in correlazione al suo sviluppo in pittura dei concetti di “linea di velocità” e di “velocità astratta” e perciò, come riporta nel Manifesto della Moda Futurista, “adoperare nelle stoffe i colori muscolari violentissimi rossissimi turchinissimi gialloni arancioni vermiglioni i toni ossatura bianco grigio nero creare disegni dinamici espressi con equivalenti astratti triangoli coni spirali e ellissi circolari“.

Una rivoluzione immortale

Chanel, Fendi e Louis Vuitton
Chanel, Fendi e Louis Vuitton

Probabilmente una “rivoluzione vestiaria” che ha permesso lo svilupparsi della moda come è intesa oggi e che influenza non solo le prospettive ma anche l’estetica di intere collezioni e passerelle.

La moda futurista è palesata, ad esempio, nella collezione Haute Couture di Chanel SS 2022, scrutando tra ricami e pizzi, non meno considerando le nuance creatrici di ritmi e gli elementi grafici perfettamente riconducibili alla corrente marinettiana. Figure geometriche che si ripetono una all’interno dell’altra all’infinito, spigolose ma anche morbide, proprio come i motivi dei completi, delle cravatte e dei panciotti dell’avanguardia. I modelli e i tagli realizzati ripostano al carattere plastico dinamico del corpo che trova corrispondenza nella essenzialità geometrica di Virginie Viard.

La collezione SS 2018 di Fendi è, invece, un ibrido tra futurismo e suggestioni tropicali. Si è voluto omaggiare Giacomo Balla già dal set della catwalk: nello showroom milanese della casa di moda si ricrea l’opera “Compenetrazione iridescente numero 4”, un quadro, dalle grafiche geometriche nei toni pastello del bianco, del rosa e dell’azzurro. Il tutto è narrato attraverso righe e geometrie degli abiti, tipiche dell’avanguardia intrecciate a foglie e fiori. Tagli, modelli, pieghe e costruzioni architettoniche trovano l’armonia insieme ai toni del corallo e dell’oceano.

Nel medesimo anno, Louis Vuitton ha portato in passerella una collezione FW in cui anche il logo della maison è stato ridisegnato. Le iniziali simbolo del brand, la “L” e la “V”, sono state integrate in una grafica multicolore, in cui le due lettere si intrecciano tra loro e si rifanno esattamente ai font ed alle locandine del movimento avanguardista. Mentre i corsetti protagonisti, in tessuto tecnico, sono composti da differenti zone di colore unite tra loro in una composizione dalle linee curve e rette che creano il tipico effetto della dinamicità. 

Le proposte del dinamico movimento milanese si distinguono per l’elemento della praticità, per una provocazione fondata sulla semplificazione. Una sollecitazione diretta dell’acquisizione di una disinvoltura nella quotidianità dei rapporti sociali. Sollecitazioni che fino a quel momento Art Nouveau e Secessione non avevano dato risposta concreta.

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