La prossima settimana, mercoledì 5 e giovedì 6 giugno, è stato annunciato lo sciopero nazionale dei taxi, poiché quello dello scorso 21 maggio non ha portato ai risultati sperati. I sindacati dei tassisti italiani hanno in programma un nuovo sciopero di 48 ore per la prima settimana di giugno. La denuncia che fanno al governo è contro i crescenti fenomeni di abusivismo e quelli di concorrenza sleale, soprattutto delle piattaforme digitali. I tassisti chiedono quindi un quadro di regole per regolamentare questi fenomeni.
Lo sciopero nazionale è stato annunciato da Ugl taxi, Federtaxi Cisal, Satam, Tam, Claai, Unione Artigiani, Unione Tassisti d’Italia, Uritaxi, Fast Confal taxi, Unica taxi Cgil, Orsa taxi, Usb taxi, Unimpresa, Sitan/Atn.
I sindacati dichiarano che “non si può continuare a limitare il potere decisionale dei sindaci delle grandi città italiane, consentendo parallelamente agli amministratori di piccoli paesini con poche migliaia di abitanti, di rilasciare in modo indiscriminato centinaia e centinaia di autorizzazioni di noleggio che non serviranno mai i loro territori”.
Questo comportamento, affermano, porta ad alimentare “un fenomeno degenerativo presente in tutti i grandi centri urbani, e oggi ulteriormente amplificato dalle piattaforme digitali che variano i prezzi con i loro algoritmi e moltiplicatori tariffari, schiacciando ulteriormente il servizio taxi con la loro concorrenza sleale”.
Taxi, lo sciopero di maggio
Il 21 maggio scorso è stato indetto uno sciopero nazionale dei tassisti con l’obiettivo di regolamentare il settore. Il responsabile nazionale di Ugl taxi, Alessandro Genovese, spiega: “La nostra non è e non deve sembrare una difesa corporativa, scenderemo in piazza anche a tutela dell’utenza. Oggi gli utenti possono contare infatti su tariffe certificate, domani, senza decreti attuativi adeguati e quindi senza regole non è detto”.
Il segretario nazionale di Cgil taxi, Nicola Di Giacobbe chiarisce che lo sciopero è stato indetto “per chiedere al governo di scrivere e approvare decreti che servano ad attuare lo spirito della legge quadro di settore, non a capovolgerlo per accogliere le pressioni di chi vuole fare profitto con la mobilità“.