La stima della della Fondazione Gimbe è allarmante. Mancherebbero oltre 3.ooo medici di medicina generale – i cosiddetti medici di famiglia – in tutta Italia, con particolari criticità riscontrate nelle regioni del Nord. L’analisi della Fondazione si è concentrata sulle dinamiche e sulle criticità insite nel regolamento che inserisce i medici di famiglia nel Servizio sanitario nazionale e sull’entità della carenza attuale e futura di questa categoria di medici nelle Regioni italiane, in base ai dati riferiti al primo gennaio 2023.
Medici di famiglia cercasi, criticità nel Nord Italia
Stando ai numeri, in Lombardia c’è una carenza di 1.237 medici, il Veneto è a -609, invece l’Emilia Romagna a -418, il Piemonte -296, mentre al Sud i numeri si assottigliano ma la Campania soffre una carenza – stima sempre Gimbe – di almeno 381 medici.
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I calcoli di Gimbe si basano sul rapporto di 1 medico di medicina generale ogni 1.250 assistiti – valore medio tra il massimale di 1.500 e l’attuale rapporto ottimale di 1.000 – e utilizzano le rilevazioni della struttura interregionale sanitari convenzionati. Ma il 47,7% dei medici supera il limite di 1.500 assistiti e questo manifesta una forte crisi di accessibilità e qualità dell’assistenza.
Nello specifico lo studio si sofferma sul numero di medici di base con pensionamento a 70 anni previsto entro il 2026, anno in cui andranno in pensione 11.439 medici. “L’allarme sulla carenza dei medici di base – afferma Nino Cartabellotta presidente della Fondazione Gimbe – oggi riguarda tutte le Regioni ed è frutto di un’inadeguata programmazione che non ha garantito il ricambio generazionale in relazione ai pensionamenti attesi. Così oggi spesso diventa un’impresa poter scegliere un medico vicino a casa con conseguenti disagi e rischi per la salute, in particolare di anziani e fragili”.
Tenendo quindi conto dei numeri dei pensionamenti attesi e delle borse di studio finanziate per il corso di formazione in medicina generale – evidenzia la ricerca Gimbe – è importante che la situazione cambi entro il 2026 anno in cui dovrebbe decollare la riforma dell’assistenza territoriale prevista dal Pnrr.
Medici di famiglia, il problema dell’anzianità di laurea
L’analisi si sofferma anche sull‘anzianità di laurea che desta non poche preoccupazioni secondo Cartabellotta. “Un esempio è la distribuzione anagrafica dei medici di famiglia: infatti nel 2022 il 72,5% dei medici di famiglia in attività aveva oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le Regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale, anche in conseguenza di politiche sindacali che spesso non hanno favorito il ricambio generazionale”. In particolare, nella maggior parte delle regioni meridionali i medici di famiglia con oltre 27 anni di laurea sono più di 3 su 4: in Calabria sono l’89,4%, in Sicilia l’81,7%, in Campania l’80,7%, in Sardegna il 79,7%, in Molise il 78,4%, in Basilicata il 78,3% e in Puglia il 78%.
Medici di famiglia, tipo di inquadramento
In linea generale, secondo quanto riportato sul sito del Ministero della Salute ogni cittadino iscritto al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha diritto a un medico di famiglia attraverso il quale può accedere a tutti i servizi e prestazioni inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza.
Il medico di famiglia non è un medico dipendente del Sistema Sanitario Nazionale, ma lavora in convenzione con l’ASL, perciò il suo rapporto di lavoro è regolamentato dall’Accordo Collettivo Nazionale, dagli Accordi Integrativi Regionali e dagli Accordi Attuativi Aziendali a livello delle singole ASL.
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