Luciano Benetton, il fondatore dell’omonimo gruppo di abbigliamento, ha preso la decisione di lasciare la società. Intervistato dal Corriere della Sera, ha raccontato i motivi del suo addio, indicando come causa principale, l’essere venuto a conoscenza di un buco di 100milioni di euro riscontrato dall’azienda.
Il fondatore afferma che da mesi aveva compreso che qualcosa nell’azienda non stava andando: “Qualche mese fa ho capito che c’era qualche cosa che non andava. Che la fotografia del gruppo che ci ripetevano nei consigli di amministrazione i vertici manageriali non era reale”. Assicura che nei prossimi mesi “sarà messo il massimo impegno per ritrovare l’energia dei tempi migliori e dare nuova linfa a questo brand che rappresenta così tanto per la nostra famiglia e che porta il nostro nome”.
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Nel 2012 la società è stata delistata dalla Borsa di Milano e Luciano considera questa decisione come una fortuna guardando la situazione odierna: “Per fortuna avevamo deciso di ritirare da tempo dalla Borsa la Benetton. E quindi i rischi imprenditoriali erano e sono tutti in capo alla famiglia”.
L’imprenditore prima di lasciare la società ha sentito la necessità di “spiegare con la trasparenza che mi caratterizza cosa è successo senza per questo sottrarmi alle mie responsabilità”.
Luciano Benetton, i motivi dell’addio
Luciano Benetton aveva già lasciato la società nel 2012, quando le cose stavano andando molto bene per il gruppo, con un fatturato di 2 miliardi di euro. Nel 2018 decise poi di rientrare a farne parte, spinto dall’insistenza del fratello Gilberto, poiché non erano riusciti a trovare dei manager di qualità e la società era in forte perdita. Si mise quindi subito al lavoro per rimediare agli errori più grandi.
Il suo ruolo era quello di tutor, con la finalità di portare in autonomia manageriale la società. Nel 2019 gli fu proposto di diventare amministratore delegato e lui non accettò, confessando che se “avessi avuto vent’anni in meno mi sarei impegnato in prima persona”. Afferma che scelse poi un candidato, nonostante gli fosse stato sconsigliato da un conoscente. Il riferimento, mai esplicito, è a Massimo Renon, l’amministratore delegato subentrato nel 2020.
Parla poi dell’epoca dura del Covid, che portò a spostare al 2023 il piano triennale per il pareggio: “L’obiettivo era risultato accettabile. Infatti nei vari consigli i numeri continuano a dare la fotografia di un pareggio possibile. Solo il 23 settembre del ’23 viene accennato a qualche problema ma in modo tenue. E sembrava tutto sotto controllo”. Ma da settembre 2023 iniziò a rendersi conto che qualcosa non andava nei numeri e nel comportamento dei nuovi dirigenti: “Naturalmente lo faccio presente con fermezza ai ‘nuovi’ e in un cda manifesto la mia grande preoccupazione per un andamento economico che non quadra assolutamente”.
Improvvisamente, in uno dei consigli dei mesi successivi lo shock: “Scoppia la bomba, di questo si tratta. Presentano d’improvviso un buco di bilancio drammatico, uno shock che ci lascia senza fiato”. Dice che “saremo attorno ai 100 milioni. Comunque tutto quello che è emerso e sta emergendo da settembre 2023 è una vergogna“.
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