Tre linee di ricerca per scoprire la verità su Emanuela Orlandi. Queste piste sono emerse durante l’audizione del fratello Pietro davanti alla Commissione parlamentare d’indagine sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, avvenuta ieri. Secondo il fratello della giovane vaticana, scomparsa all’età di 15 anni il 22 giugno 1983, ci sono “fatti di rilievo che non sono stati indagati a fondo, nonostante li abbia riportati a Diddi”.
Ai membri delle commissioni Pietro Orlandi ha consegnato una copia esatta dei documenti già in possesso del promotore di giustizia vaticano, che gestisce il fascicolo su Orlandi aperto nel gennaio dell’anno scorso, e della Procura di Roma. “Ci sono eventi recenti che, se investigati a fondo, potrebbero far progredire significativamente – ha spiegato Orlandi – Ci sono indizi con riscontri molto solidi”. E questi indizi, secondo il fratello di Emanuela, “dovrebbero essere esaminati attentamente, cosa che finora non è stata fatta da nessuno”.
Le rivelazioni di Giancarlo Capaldo
Pietro Orlandi menziona diversi individui che potrebbero o potrebbero non essere a conoscenza di fatti legati alla scomparsa di Emanuela. Il primo è Giancarlo Capaldo, che ha condotto l’indagine nel 2012 e che ha avuto un incontro con emissari del Vaticano, il capo della Gendarmeria vaticana Domenico Giani e il suo vice Alessandrini. Riguardo a questo, ha dichiarato Orlandi, “c’è stata una sorta di ammissione da parte del Vaticano di essere a conoscenza di alcuni eventi. Quindi spero che il magistrato Capaldo sia tra i primi ad essere ascoltato insieme a Giani e Alessandrini, che sono cittadini italiani”.
Le spese del Vaticano a Londra
La seconda linea di indagine riguarda le spese sostenute dal Vaticano per Emanuela a Londra. Un documento che in passato era stato etichettato come “falso” o “apocrifo” torna alla luce. Si tratta di un resoconto di spese sostenute dal Vaticano a Londra, che potrebbero essere legate alla scomparsa di Emanuela. Orlandi sollecita un’indagine approfondita su questo documento per verificarne l’autenticità e la sua eventuale attinenza al caso.
I messaggi WhatsApp
La terza teoria (la più intrigante, seppur forse fantasiosa), avanzata da Pietro Orlandi è quella dei “messaggi WhatsApp che ho ricevuto alcuni anni fa, tra due persone vicine a Papa Francesco, su telefoni riservati della Santa Sede“. Questi messaggi “parlano di documenti di Emanuela, descrivono la loro importanza e discutono di georadar e di come pagare i tombaroli in modo non trasparente”. Orlandi coinvolge Francesca Immacolata Chaouqui e monsignor Balda, membri della Cosea, una commissione speciale istituita nel 2013 da Papa Francesco per esaminare lo stato delle finanze della Santa Sede al fine di promuovere la trasparenza in Vaticano. Secondo Orlandi, i due avrebbero scambiato “una sorta di messaggi perché avevano trovato documenti relativi a Emanuela, una cassa contenente oggetti appartenenti a Emanuela. Mi hanno anche indicato dove si trova questa cassa, depositata a Santa Maria Maggiore.
Ho riportato queste informazioni a Diddi quando sono stato ascoltato lo scorso anno, chiedendo che Francesca Immacolata Chaouqui venisse convocata il prima possibile per testimoniare sugli screenshot di questi messaggi. Ma fino ad oggi non è stata chiamata”, ha concluso Pietro Orlandi. Quanto c’è di verità in queste dichiarazioni? È possibile che i documenti relativi alla scomparsa della giovane vaticana, di cui molti hanno negato persino l’esistenza, siano stati sempre disponibili per chiunque? Sarà compito delle autorità competenti stabilirlo, ma se le tre linee di indagine suggerite da Pietro Orlandi hanno una base solida, potremmo essere più vicini a risolvere il puzzle.