Alberto Franceschini, morto a 78 anni il fondatore delle Brigate Rosse

Scomparso l'11 aprile, uno dei fondatori delle Brigate Rosse è venuto a mancare all'età di 78 anni

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Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse, è morto all’età di 78 anni l’11 aprile scorso a Milano. La notizia è stata resa pubblica solo oggi. Nato a Reggio Emilia il 25 ottobre 1947 in una famiglia di tradizione comunista, Franceschini ha sempre rivendicato l’influenza di quelle radici sulla sua militanza politica, che considerava una prosecuzione ideale della lotta partigiana.

Giovanissimo, aderì alla Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI), ma dopo un duro scontro con il servizio d’ordine del PCI durante una manifestazione contro la base Nato di Miramare nel 1969, si allontanò dal partito. Nel 1970 a Milano, insieme a Renato Curcio e Mara Cagol, fondò le Brigate Rosse, con cui intraprese la lotta armata. La prima azione di guerriglia fu l’incendio di un’autorimessa del direttore del personale della Sit Siemens, Giuseppe Leoni.

Alberto Franceschini, la storia del brigatista

Franceschini fu il primo brigatista ufficialmente latitante e venne condannato con sentenze definitive per numerosi reati, tra cui il duplice omicidio di due militanti del Movimento Sociale Italiano a Padova nel 1974 e il sequestro del giudice Mario Sossi a Genova. Nonostante le pesanti accuse – banda armata, sequestro di persona, associazione sovversiva – secondo il giudice Guido Salvini non si macchiò mai direttamente di reati di sangue. Le condanne complessive superarono i 60 anni di carcere, pena poi ridotta.

Arrestato l’8 settembre 1974, anche grazie alla collaborazione di Silvano Girotto (Frate Mitra), Franceschini divenne una figura centrale nelle carceri speciali, dove aderì al Partito Guerriglia di Giovanni Senzani, dopo la scissione dalle Brigate Rosse di Mario Moretti.

Nel 1982 si dissociò ufficialmente dalla lotta armata, pur senza rinnegare del tutto il suo passato, ed espresse pubblicamente pentimento per la violenza politica. Nel 1987 ottenne i primi permessi premio, poi i domiciliari, e infine uscì definitivamente di prigione nel 1992, dopo 18 anni di detenzione. Da libero, lavorò per l’Arci a Roma e successivamente anche a Milano, dove svolse lavori nel settore della ristorazione.

Recentemente, a febbraio 2024, era stato identificato a Milano tra i partecipanti a una commemorazione per Alexei Navalny nei giardini dedicati ad Anna Politkovskaya, evento che aveva suscitato nuove polemiche.

Con la sua morte si chiude una delle pagine più controverse della storia recente italiana.

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