I meriti di Berlusconi (e di Forza Italia) 29 anni dopo

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Gli Azzurri spesso sono descritti come un popolo di reduci, con i consensi ridotti a uno zoccolo duro di esclusiva proprietà del fondatore, ma resta comunque il baricentro moderato di una politica inclinata sugli estremi, e ogni tentativo d’imitazione nel segno del neocentrismo è finora finito nel nulla

“Era successo un miracolo, la sinistra era stata sconfitta, l’Italia non era diventata un Paese comunista”. Con queste parole il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ricorda “la prima grande vittoria elettorale” dell’allora neonato partito. Sono passati 29 anni da quel 27 marzo del 1994 e “oggi, a distanza di quasi tre decenni, guardiamo al futuro con la stessa passione di allora, consapevoli che la nostra storia è fatta di grandi sfide e di grandi successi”. A distanza di 29 anni, per Forza Italia è arrivato un momento di riorganizzazione interna, e si discute su cerchi magici e influenze femminili sulle decisioni del capo, che invece ha sempre deciso sempre e solo lui le svolte politiche, con una incredibile capacità di farsi concavo e convesso davanti alle nuove stagioni. Ridurre la storia di Forza Italia a quella di un partito di plastica o di una fucina di gossip è un errore politico di cui sanno qualcosa tutti i suoi leader che Berlusconi ha macinato, ad iniziare dal manovratore della gioiosa macchina da guerra del ’94, Achille Occhetto.

Come Forza Italia ha cambiato il Paese

La realtà è che la discesa in campo di Berlusconi ha letteralmente cambiato il corso della storia d’Italia impedendo alla sinistra di prendere il potere dopo l’eliminazione per via giudiziaria degli altri partiti, tranne le stampelle della Dc cattocomunista. E sono indiscutibili i meriti di un leader a suo modo rivoluzionario, che per più di un quarto di secolo ha retto il proscenio della politica modernizzandola e regalando all’Italia, per un lungo tratto di strada, il bipolarismo delle democrazie moderne riavvicinando popolo e Palazzo dopo la profonda ferita di Tangentopoli. Berlusconi è stato un populista? Il primo grande populista dopo la crisi della prima Repubblica? Forse, senza mai però spargere odio e sconquassare la democrazia: l’odio nelle vene delle istituzioni lo hanno sparso infatti solo i suoi nemici.

Forza Italia insomma sarà stata anche concepita come un’anomalia rispetto ai partiti tradizionali, ma fu un’intuizione che modificò i criteri di legittimità della politica italiana senza mai debordare nell’avventurismo qualunquista. La Rivoluzione liberale, certo, più che incompiuta non fu forse neppure avviata, ma c’è un dato di realtà che non può essere eluso: Forza Italia e i suoi governi hanno comunque contribuito a mettere in campo un’azione riformatrice di un qualche rilievo nonostante l’opposizione preconcetta di una sinistra rimasta pervicacemente arroccata nei suoi fortilizi ideologici. La legge Biagi, ad esempio, è stata il fiore all’occhiello del riformismo berlusconiano: una riforma del lavoro divenuta un modello in tutta Europa, e poi l’Alta Velocità, la Legge obiettivo, lo straordinario intervento dopo il terremoto de L’Aquila fino al Trattato di Pratica di Mare, un successo diplomatico che acquista una valenza straordinaria ora che siamo in mezzo a una nuova Guerra Fredda.

I tentativi falliti del nuovo centro

Tante volte Forza Italia è stata descritta come un popolo di reduci, con i consensi ridotti a uno zoccolo duro di esclusiva proprietà del fondatore, ma resta comunque il baricentro moderato di una politica inclinata sulle estreme, e ogni tentativo d’imitazione nel segno del neocentrismo è finora finito nel nulla. Ma c’è ancora chi cerca di raccontare la storia di Forza Italia come una storia criminale: è un falso storico che però torna ossessivamente ogniqualvolta Berlusconi si riaffaccia da protagonista al centro della vita politica. Nessuno avrebbe potuto resistere a un’offensiva giudiziaria divenuta col tempo un plotone d’esecuzione in servizio permanente effettivo: nessuno tranne lui, il Cavaliere inaffondabile.

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