Nella parte meridionale di Beirut, un edificio è stato colpito circa un’ora dopo che l’esercito israeliano aveva emesso un ordine di evacuazione urgente. Avichay Adraee, portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (che già nelle scorse ore avevano minacciato di ampliare l’offensiva a Gaza) aveva avvertito i residenti tramite un messaggio su X, invitandoli a lasciare immediatamente l’area entro un raggio di 300 metri da una struttura segnalata in rosso su una mappa.
Secondo i soldati, il bersaglio ospitava “strutture appartenenti a Hezbollah“. L’ufficio del Primo Ministro israeliano ha specificato che il raid aveva l’obiettivo di colpire un deposito di “missili di precisione” di Hezbollah, considerati una “minaccia significativa per lo Stato di Israele“.
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In risposta agli attacchi, il Presidente libanese Joseph Aoun ha chiesto a Stati Uniti e Francia di intervenire per fermare immediatamente le operazioni israeliane. In una nota ufficiale, l’uomo ha affermato: “Stati Uniti e Francia devono assumersi le loro responsabilità“.
La tensione è ulteriormente aumentata dopo che un drone israeliano ha colpito la città di Halta, nel sud della nazione dei cedri, causando la morte di una persona, come riferito dal ministero della Salute.
Sul piano diplomatico, il Premier del Qatar, sceicco Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, ha accusato Israele di voler addossare al suo Paese la colpa dei propri fallimenti politici. Durante una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, Al-Thani ha sottolineato che il Qatar ha lavorato fin dal primo giorno del conflitto per cercare di facilitare un accordo e porre fine alla guerra.
Nel frattempo, Hakan Fidan ha annunciato che i colloqui con Hamas dimostrano una nuova apertura da parte del gruppo islamista. Hamas sarebbe infatti disposto a firmare un accordo che vada oltre un semplice cessate il fuoco a Gaza, puntando a una soluzione duratura della crisi e includendo la questione dei territori palestinesi occupati. Secondo il ministro turco, questa fase potrebbe trasformarsi in un’opportunità storica per rilanciare il processo di pace.
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