L’interrogatorio del presidente di Regione Giovanni Toti si è concluso con la consegna di una memoria lunga 17 pagine ai pubblici ministeri. Un documento scritto di suo pugno, simbolo della volontà di non arrendersi all’arresto e alle accuse delle autorità. La stessa memoria che, nel momento in cui veniva consegnata nelle mani dei pubblici ministeri, diventava pubblica grazie ad un servizio di Telenord.
Ancora più interessante rispetto a questa vicenda, è la redazione del verbale dell’interrogatorio, in cui è possibile leggere tutte le dichiarazioni del presidente di Regione, compresi i numerosi “non so” e “non ricordo“. Il governatore però ha risposto a tutte le domande dei pm, con disarmante tranquillità, anche grazie all’aria piuttosto rilassata in cui si stava tenendo l’interrogatorio. Il riassunto delle otto ore di interrogatorio è che Toti non avrebbe mai preso soldi da imprenditori per se stesso ma solo per la comunità ligure ed ovviamente secondo pratiche legali.
La maggior parte dei tentennamenti avrebbero riguardato un argomento preciso, ovvero quello della comunità di genovesi proveniente da Riesi. Il presidente, comunque, avrebbe ammesso di aver chiesto ai Testa i voti per la sua lista durante una cena, negando però che questa richiesta fosse poi collegata allo scambio illecito di posti di lavoro. Toti conferma anche di aver chiesto ad Ilaria Cavo, oggi deputata di Italia al centro, di contattare i Testa e che poi questa gli disse che “non le erano piaciuti“. La versione di Toti sarebbe coincidente con le intercettazioni nelle mani degli inquirenti, in cui Cavo prende le distanze dalla comunità riesina.
Toti smentisce l’accusa di corruzione
Durante l’intero interrogatorio Giovanni Toti ha rigettato le accuse di corruzione. Il comitato Toti, ovviamente, prendeva dei finanziamenti ma questi in nessun caso erano collegati con uno scambio di favori. Nel caso della privatizzazione mai avvenuta della spiaggia Punta dell’Olmo, dove sembrerebbe che Aldo Spinelli volesse costruire un complesso residenziale, Toti nel 2020 avrebbe telefonato all’assessore regionale per avviare i processi. Toti però si è giustificato dicendo che la sua “politica è quella di agevolare le richieste” e che non si trattò di un ordine, ma di un “mero indirizzo“.
Più complessa la questione del rinnovo trentennale della concessione del terminal Rinfuse del porto di Genova. Secondo i pm, Spinelli avrebbe versato a Toti 40mila euro per ottenere il rinnovo, ma Toti ha convintamente negato le accuse durante il suo interrogatorio. Il finanziamento non è considerabile corruzione ma una “captatio benevolentiae” perché “gli davo una buona notizia e gli reiteravo una a richiesta di finanziamento, ma non ho posto in correlazione le due cose“. Per rispondere ai pubblici ministeri che chiedevano risposte sulla telefonata avvenuta tra lui e Signorini per chiudere la pratica “il prima possibile“, Spinelli ha spiegato che “è doveroso per la pubblica amministrazione evadere le richieste velocemente“.
Quindi, secondo le parole di Toti, il finanziamento ricevuto dal suo comitato a nome di Spinelli nello stesso periodo di tempo del rinnovo della concessione sono due elementi non collegati tra loro perché “Spinelli sostiene i miei comitati dal 2015“. Nessun comportamento strano neanche con Giorgio Carozzi, membro dell’Authority che si era opposto al rinnovo, né con Andrea La Mattina, componente dell’Authority per la Regione. In entrambi i casi non ci sono state forzature, ma solo esortazioni ad intervenire nell’interesse dei cittadini.
Il caso Esselunga
Un’altra questione centrale nell’interrogatorio di Giovanni Toti ha riguardato i rapporti con l’ex amministratore delegato della catena di supermercati Esselunga, Francesco Moncada, anch’egli agli arresti domiciliari. Secondo gli inquirenti Toti avrebbe accettato di velocizzare la costruzione di due nuovi supermercati sul territorio della regione, in cambio di spot elettorali pagati da Esselunga.
Anche in questo caso Toti ha negato le accuse, parlando di “un obiettivo politico preminente” che legava lui Moncada per “favorire l’ingresso di nuovi soggetti nel mondo della distribuzione“. Per quanto riguarda nello specifico i cartelloni elettorali, Toti ha ammesso di aver chiesto aiuto a Moncada per la campagna elettorale per poi aggiungere: “Non so come di concreto si è estrinsecato“.