Anime e moda: i personaggi che hanno influenzato brand e passerelle

Dalle passerelle di Harajuku alle vetrine di Gucci, i mangaka hanno ridefinito l’estetica globale attraverso i loro personaggi, tra estetica punk, cyberpunk e visioni post-umane

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Mangaka, manga e anime hanno contribuito nel corso dei decenni a influenzare il fashion system. Non si tratta solo di estetica ma di contaminazione culturale: basta pensare al rapporto tra Ai Yazawa e Vivienne Westwood e alle collaborazioni di brand come Luis Vuitton, Balenciaga, Prada e Thom Browne.

Molti mangaka utilizzano la moda e il character design come strumenti narrativi per esplorare temi come l’identità e la sua evoluzione. Proprio per questo i personaggi possono essere intesi più come catalizzatori di cambiamenti culturali piuttosto che semplici incarnazioni di estetiche otaku, cyberpunk o Harajuku.

Ai Yazawa e Vivienne Westwood

L’evoluzione del punk, dalla musica alla moda fino al recente trend della “mob wife“, è passata tra le mani di Ai Yazawa.

Autrice di Nana e Paradise Kiss ha avuto un rapporto intimo con la stilista britannica Vivienne Westwood e la loro connessione è tanto estetica quanto ideologica. Tutti i personaggi del manga Nana, e in particolare Nana Osaki, sono l’emblema della new wave. Espliciti i riferimenti alla stilista: abiti in pelle, tartan scozzesi, stivali con fibbie, l’orb e l’armour ring. I cambiamenti di stile all’interno del manga Nana rappresentano le variazioni di emozioni, umori e l’evoluzione del personaggio di Nana.

La stessa band della protagonista Nana Osaki, i Black Stones, richiama apertamente, sia per fattezze fisiche che per tipo di musica, ai Sex Pistols.

Il manga Nana è quindi considerabile una vera e propria dichiarazione d’amore per la Westwood. La stessa stilista ha contribuito significativamente a una campagna pubblicitaria che ha portato la moda punk nel cuore della cultura giapponese, in particolare tra le ragazze di Harajuku.

Akira e Ghost in the Shell

Opere come Akira e di Katsuhiro Otomo e Ghost in the Shell di Masamune Shirow hanno aperto la strada a un’estetica cyberpunk che ha conquistato anche il mondo dell’haute couture. La collezione Spring/Summer 2016 di Luis Vuitton, guidata da Nicolas Ghesquière, ha dichiaratamente preso ispirazione dai manga e videogiochi degli anni Novanta ed è visibile in silhouette futuristiche, tessuti tech e dettagli apertamente giapponesi.

Allo stesso modo, Ghost in the shell con i suoi temi post-umanesimo, corpi potenziati e coscienza digitale, ha influenzato la moda contemporanea. Il body trasparente di Motoko Kusanagi, per esempio, è diventato icona di una sensualità ibrida, sospesa tra organico e sintetico, un concetto che ha ispirato brand come Balenciaga e Alexander McQueen.

Miku Hatsune, la vocaloid che detta tendenze reali

Miku Hatsune non ha un corpo fisico, ma ha più guardaroba di una celebrity hollywoodiana. Creata nel 2007 come voce sintetica per il software Vocaloid di Yamaha, Miku ha rapidamente superato i confini del suo ruolo originario, trasformandosi in una vera e propria fashion influencer digitale, protagonista di sfilate, editoriali e collaborazioni con i più importanti brand di moda.

Luis Vuitton è stato uno dei primi a captarne il potenziale estetico e culturale. Nel 2013, sotto la direzione creativa di Marc Jacobs, la diva virtuale è stata vestita con capi della collezione spring/summer di quell’anno per la tournée Miku no Hi Dai Kanshasai, portando in scena un inedito dialogo tra couture e cyberspazio.

La collaborazione tra Givenchy e Hatsune Miku risale al 2016. Il direttore creativo Riccardo Tisci, ha creato un abito haute couture su misura per Miku, la pop star virtuale giapponese, in occasione della copertina di Vogue dedicata al Met Gala di quell’anno, il cui tema era Manus x Machina: Fashion in an Age of Technology. L’outfit, realizzato con pizzo, pelle di coccodrillo e cristalli Swarovski, rappresentava una fusione tra l’artigianato tradizionale e l’innovazione tecnologica.

Oltre il lusso, l’ologramma-cantante ha collaborato con brand streetwear come Puma, Comme des Garçons, SuperGroupies e persino con Dolls Kill, ridefinendo l’estetica della kawaii culture e fondendola con elementi cyberpunk, Y2K e futuristici. Per questo si può definire come icona camaleontica: può essere idol, punk, cyber samurai o musa romantica.

Final Fantasy e l’estetica dei videogiochi

La saga di Final Fantasy, con il suo mix di fantasy, fantascienza e dramma emotivo, ha sempre avuto una fortissima componente estetica. Dai primi sprite pixellati alle complesse cinematiche degli ultimi capitoli, il character design ha creato personaggi iconici tra abiti scolpiti, mantelli fluttuanti, dettagli gotici e armature futuristiche.

Il legame tra Final Fantasy e il fashion world ha raggiunto il suo apice nel 2016, quando Lightning, la protagonista di Final Fantasy XIII, è diventata testimonial ufficiale della campagna Series 4 di Louis Vuitton, firmata da Nicolas Ghesquière. Un personaggio in CGI ha indossato capi reali di alta moda, apparendo su riviste e cartelloni pubblicitari, al pari di una top model in carne e ossa.

Dopo questo, molti sono stati ispirati, soprattutto nel campo del dell’avant-garde e del techwear. Stilisti come Rick Owens, Hyein Seo, Iris van Herpen o Gareth Pugh condividono con il gioco un immaginario fatto di materiali ultratecnologici, volumi scultorei e atmosfere distopiche. Anche il cosplay fashion ha contribuito a trasformare i look dei personaggi, da Cloud Strife a Yuna, in vere e proprie icone di stile, rielaborate in chiave street, couture o genderless.

Kingdom Hearts, il crossover che unisce Disney, Nomura e il pop-luxury

Kingdom Hearts è nato dall’incontro tra Square Enix e Disney, mischiando magia, urban fantasy e moda. A guidare l’estetica è il character designer Tetsuya Nomura, lo stesso che ha definito lo stile visivo di Final Fantasy.

I personaggi principali indossano outfit che uniscono elementi di streetwear giapponese, fantasy e influenze luxury brand internazionali, in cui ogni look è pensato come pezzo per una passerella digitale. Non a caso, molti fan e designer vedono nei costumi dei protagonisti influenze dirette di maison come Balenciaga, Diesel, Off-White, Givenchy e persino del primo Alexander McQueen.

Evangelion tra minimalismo, techwear e post-apocalisse

Neon Genesis Evangelion, nato dalla mente di Hideaki Anno, è molto più di un anime mecha. È un’esplorazione dell’identità, dell’alienazione e del trauma in una cornice futuristico-apocalittica. Per questo l’estetica della serie ha influenzato in maniera significativa la moda contemporanea, in particolare nei territori del techwear, del minimalismo concettuale e dell’avant-garde giapponese.

I plug suit dei piloti di Eva sono diventati un’icona visiva, ispirando capsule collection con Acronym, GU, Uniqlo, New Balance e Radio Eva, brand interamente dedicato alla reinterpretazione fashion dell’anime.

Allo stesso modo Evangelion ha avuto un impatto non trascurabile sulla costruzione di personaggi principali, anime e non. Prima di Evangelion i protagonisti mecha o d’azione tendevano ad essere ancorati a degli archetipi: l’eroe coraggioso, il rivale determinato, la ragazza dolce o forte.

Con Evangelion, Hideaki Anno ha preso questi archetipi e li ha smontati pezzo per pezzo, rivelandone le fragilità, i traumi, le contraddizioni interiori. Dopo Eva, moltissimi hanno abbracciato la narrativa del trauma e della ferita emotiva come Bojack Horseman, Paranoia Agent di Satoshi Kon, Serial Experiments Lain e Madoka Magica.

Il barocco pop di JoJo’s Bizarre Adventure

JoJo è l’opposto di Evangelion: esplosione di colori, pose teatrali e riferimenti fashion dichiarati. Il creatore Hirohiko Araki è forse il mangaka che più apertamente ha integrato la moda occidentale nel proprio lavoro, attingendo da riviste come Vogue, i-D, Numero Homme e dalle collezioni di stilisti come Versace, Jean Paul Gaultier, Gucci, Dior e Vivienne Westwood.

Le pose plastiche, la cura maniacale del drappeggio, la sovrapposizione di pattern e accessori sono un inno al fashion come performance. Nel 2011 Araki è stato invitato da Gucci per una collaborazione ufficiale: ha disegnato la storia originale Rohan Kishibe Goes to Gucci, pubblicata su Spur Magazine e accompagnata da vetrine animate nelle boutique della maison in tutto il mondo.

L’estetica barocca, eccessiva, queer e post-gender della serie ha anticipato e influenzato le tendenze streetwear degli ultimi anni, contribuendo alla dissoluzione dei codici classici di mascolinità e femminilità nella moda.

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