Due prodotti simbolici della tradizione dolciaria italiana – il pandoro e le uova di Pasqua – sono diventati, nel giro di pochi mesi, epicentro di due crisi mediatiche che coinvolgono figure molto note dal pubblico: Chiara Ferragni e Fabio Fazio. Due casi diversi, per contesto e conseguenze, ma accomunati da un aspetto fondamentale: la fragilità della comunicazione aziendale in concomitanza dalla rappresentazione di un volto noto.
In questi giorni, infatti, è emersa la vicenda che riguarda le Uova di Pasqua (e non solo) dell’azienda Lavoratti di Fabio Fazio. Questo caso non è molto diverso da quello che coinvolge Chiara Ferragni, legato sia al pandoro Balocco sia alle uova realizzate in collaborazione con Dolci Preziosi.
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Nel caso di Chiara Ferragni l’errore è stato commesso nell’aver pubblicizzato delle uova facendo passare il messaggio che il ricavato sarebbe andato in beneficenza. In realtà, anche in questo caso, l’influencer ha commesso lo stesso “errore di comunicazione” compiuto con il pandoro, realizzato in collaborazione con Balocco. Infatti l’accusa è quella di “pubblicità ingannevole“. Stando alle indagini, in realtà, l’azienda dolciaria aveva già prestabilito la cifra donata all’Ospedale Margherita, aldilà delle vendite del prodotto; Ferragni, invece, sarebbe stata pagata per prestare il suo volto e dunque, di sua tasca, nulla sarebbe andato in beneficenza.
Mentre Fabio Fazio con la sua cioccolata Lavoratti (di cui fanno parte anche pregiatissime uova di Pasqua), pare che abbia diffuso false informazioni sulle etichette. Infatti, mentre risultava che i prodotti usati erano di marchio IGP o DOP, in realtà avevano tutt’altra provenienza rispetto a quanto dichiarato. Ad esempio mentre era segnalato il pistacchio di Bronte, dopo alcune ricerche si è scoperto che la tracciabilità del prodotto non rispecchiava quanto veniva dichiarato.
Per quanto riguarda Chiara Ferragni, la Procura di Milano ha deciso per il rinvio a giudizio con l’accusa di truffa aggravata. A gennaio di quest’anno è stato notificato il decreto di citazione e la prima udienza è stata fissata per il 23 settembre. Non solo, l’influencer ha anche dato un milione di euro all’ospedale Regina Margherita e poi 200mila a Progetto Ruth, in accordo con Codacons che, dopo la donazione, ha ritirato la querela.
Invece Fabio Fazio, ad un anno dalla scoperta del Comando dei Carabinieri per la Tutela Agroalimentare, ha subito 13 sanzioni amministrative, risolte (in parte) con il pagamento di una multa di 60.000 euro. I due casi mostrano una serie di similitudini ed anche una strana coincidenza.
Quando l’immagine diventa impresa: Ferragni e Fazio brand di se stessi
Nella società dell’apparenza, l’identità pubblica è spesso il primo mattone su cui si costruisce un progetto imprenditoriale. Lo sa bene Chiara Ferragni, che da anni, con la Fenice srl di cui è socia, ha trasformato il proprio volto in un brand, generando partnership, capsule collection e prodotti a edizione limitata. Lo ha scoperto, forse più tardi, anche Fabio Fazio, conduttore, che si è lanciato in una nuova avventura imprenditoriale legata al cioccolato artigianale per risollevare un marchio storico che stava andando verso il fallimento, divenendo socio – insieme alla moglie – dell’azienda Lavoratti.
Quando però l’immagine si sovrappone all’azienda, ogni scelta sbagliata, ogni messaggio ambiguo, ogni etichetta imprecisa non ricade solo sulla società: travolge anche il volto che la rappresenta. Mentre per Chiara Ferragni tutto ciò è stato più lampante, per Fazio questo travolgimento appare meno evidente.
Le differenze sono lampanti: mentre il caso Ferragni è stato per mesi in prima pagina, il caso Fazio è emerso con lentezza, quasi con pudore. Nessuna conferenza stampa indignata, nessuna campagna social di indignazione. Eppure, anche in questo caso, si parla di un danno alla fiducia del consumatore.
Chiara Ferragni e Fabio Fazio: l’intervista a Che tempo che fa oggi ha un altro sapore
Chiara Ferragni il 3 marzo 2024 ha fatto la sua unica ospitata in televisione, proprio da Fabio Fazio. A Che tempo che fa è stata accolta con grande benevolenza da parte del conduttore. Nessuna domanda scomoda, ma solo il tempo per spiegarsi e dare la sua versione dei fatti che si è tradotta con “un errore di comunicazione”.
Esattamente 10 giorni prima, il 23 febbraio 2024, il Comando dei Carabinieri per la Tutela Agroalimentare aveva fatto un’ispezione nell’azienda Lavoratti ed aveva riscontrato delle anomalie. Fazio già sapeva che il suo caso non era così diverso da quello dell’intervistata e, forse proprio per questo, ha deciso di mostrare una particolare empatia nei confronti della Ferragni.
Guardando un anno dopo quell’intervista, il tutto appare in maniera diversa e, soprattutto, diventa più comprensibile l’estrema empatia che c’è stata da parte del conduttore.
Oggi, rivedendo quella puntata, Fazio era già a conoscenza delle criticità che riguardavano la sua azienda, ma nessun altro lo sapeva. Il risultato? Due persone, due casi simili, che si trovano l’uno affianco all’altro in tv, senza che nulla venga detto. Un silenzio che oggi pesa più delle parole.
La responsabilità di Fabio Fazio e Chiara Ferragni: che colpe hanno?
Essere imprenditori della propria immagine comporta rischi, obblighi e doveri. Il consumatore non acquista solo un prodotto, ma l’idea che quel prodotto rappresenta. E se quell’idea vacilla, crolla l’intero castello.
Entrambi i casi, seppur apparentemente molto diversi tra di loro, dimostrano quanto sia importante la comunicazione che avviene da parte di un’azienda e, se rappresentata da un volto noto, quanto sia vitale il fatto che qualsiasi piccolo o grande errore possa diventare una trappola. Quando si è parte attiva e testimonial di quel prodotto e si è già abbastanza conosciuti dal pubblico, non si può pensare che “un errore” passi inosservato.
I media parlano del caso delle Uova di Pasqua: la disparità tra Chiara Ferragni e Fabio Fazio e il fattore “simpatia mediatica”
Quando a dicembre 2023 è esploso il Pandoro gate tutte le testate ne hanno trattato e Chiara Ferragni è diventata la “criminale” su cui tutti puntavano il dito. Per mesi non si è parlato di altro e anche Giorgia Meloni, ad Atreju, ha fatto dei riferimenti all’errore di comunicazione commesso dall’influencer. Anche se questa storia è stata attenzionata dai media solo dopo che l’Antitrust ha multato Ferragni e dopo mesi dalle segnalazioni fatte da Selvaggia Lucarelli.
Per quanto riguarda la storia di Fabio Fazio, invece, la notizia ci ha messo di più a prendere piede e il dito è stato puntato in maniera meno prepotente nei confronti del conduttore. Infatti, solo dopo qualche giorno che la Stampa ha pubblicato un articolo encomiastico nei confronti del lavoro fatto con la Lavoratti da parte del conduttore; La Verità ha segnalato l’accaduto. Infatti, in realtà, la rilevazione dell’errore di trasparenza c’è stato ben un anno fa, ma la notizia è emersa ai media solo il 17 aprile, dopo che Fazio si è dimesso dall’incarico di presidente della società.
Perché questa disparità? Una prima risposta è semplice: la Ferragni era già entrata nel mirino. Troppo perfetta, troppo costruita, troppo “business oriented”. In un’Italia che guarda con sospetto al successo rapido, l’influencer è diventata il simbolo da abbattere. Se da una parte è stata sin da subito amatissima da tantissimi giovani, dall’altra il suo successo è stato guardato sempre con un certo riguardo. Fazio, invece, è percepito da molti come “uno di famiglia”, con un curriculum lungo, sobrio, rispettabile. Un capitalo simbolico che, nel momento della crisi, ha funzionato da scudo. Quando si è concluso il suo contratto in Rai ed è passato a Discovery il suo pubblico non solo lo ha seguito ma si è anche schierato nettamente dalla sua parte.
C’è anche un altro elemento: il genere. Non si può ignorare come una donna giovane, imprenditrice e indipendente, venga giudicata con maggiore severità rispetto a un uomo con un’immagine rassicurante. Se Ferragni è diventata il capro espiatorio perfetto, Fazio è passato per una distrazione gestionale, quasi una vittima di etichette sbagliate.
Va anche detto, però, che il caso Fazio non tocca un tema che è molto delicato per il sentire comune: la beneficenza. Mentre Ferragni è stata accusata dalla gente di “aver truffato i bambini malati”, tema di maggiore sensibilità; ciò per cui sta pagando Fazio è la poca chiarezza sulla vendita dei prodotti, un tema “meno a cuore per la gente”.
Uova di Pasqua, Ferragni e Fazio: una lezione per tutti
C’è una lezione in tutto questo e questa riguarda la trasparenza, la coerenza e il rispetto per il proprio pubblico. Ma riguarda anche noi, come consumatori e come spettatori. Infatti spesso ci lasciamo guidare da simpatie o antipatie “mediatiche”, da pregiudizi e narrazioni semplicistiche, perdendo di vista la realtà e obiettività dei fatti.
Non bisogna cadere nell’errore di sentirsi delusi e traditi.
Ferragni e Fazio non sono criminali, ma nemmeno vittime. Sono due volti noti che hanno sottovalutato l’impatto delle loro scelte imprenditoriali. Il danno d’immagine, forse, per loro è stato evidentemente più pesante delle sanzioni ricevute. Ma in un’epoca in cui la reputazione è tutto, soprattutto per chi lavora sui social e in tv, questo è stato il prezzo più alto da pagare.
Ma che ruolo abbiamo noi in tutto ciò? Sicuramente abbiamo la responsabilità di sapere e dovere distinguere la persona privata dal personaggio pubblico, capire che in fondo, anche da parte dei vip, possono essere commessi errori di “stile”; dovremmo avere la capacità di affrancarci dall’idea di perfezione che aleggia nei loro confronti e che sempre più gli affibbiamo. Dall’altra, nei momenti nei quali compiono azioni o gesti positivi, sia nella loro sfera privata sia in quella pubblica, dovremmo usare il giusto discernimento e distacco da tali atteggiamenti, senza cadere nella tentazione di voler a ogni costo emulare un personaggio famoso che, in fondo, è pur sempre un essere umano con tutte le debolezze che caratterizzano ciascuno di noi.
Le domande che dobbiamo dunque porci sono: qual è la nostra responsabilità mediatica? Quale la nostra capacità di giudizio “pubblico”? Ma, soprattutto, quanta responsabilità abbiamo nell’alimentare l’ipocrisia del sistema dei media, che spesso ci vedono solamente come dei meri consumatori?
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