“Tracce di vita” su un pianeta a 124 anni luce dalla Terra: non siamo più soli nell’universo?

Il telescopio James Webb ha individuato sul pianeta K2-18b due gas, il dimetil solfuro e il dimetil disolfuro, che sulla Terra sono generati da organismi viventi, come fitoplancton marino e alghe. Si ipotizza, quindi, la presenza sul pianeta di ipotetiche forme di vita microbiche che però potrebbero essere "i primi indizi di un mondo alieno potenzialmente abitato"

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Una delle domande che da tempi immemori affligge l’umanità potrebbe avere presto una risposta. Siamo o non siamo soli nell’universo infinito? Il telescopio James Webb, il più potente in circolazione, avrebbe individuato un pianeta alieno a ben 124 anni luce dalla terra che ospiterebbe forme di vita. Non si tratta ovviamente di alieni stereotipati, simili a quanto i film hollywoodiani ci hanno abituato, né di forme di vita apparentemente intelligenti.

Si starebbe parlando, secondo quanto riporta Reuters, di possibili forme di vita microbiche. Il pianeta preso in considerazione è denominato K2-18b ed ha una massa 8,6 volte superiore a quella della Terra. Su di esso sarebbe stato individuato un oceano di acqua liquida sotto un’atmosfera ricca di idrogeno, del tipo prodotto da alghe, in orbita attorno a una nana rossa. La notizia, comunque, sarebbe sconcertante e unica nel suo genere dopo decenni di ricerche in tutto l’universo conosciuto.

Tracce di vita su un pianeta alieno: cosa sappiamo finora

Sarebbero quindi stati individuati su questo pianeta due specifici tipi di gas, il dimetil solfuro, o Dms, e il dimetil disolfuro, o Dmds, che sul nostro pianeta sono prodotti da forme di vita microbica, come il fitoplancton marino o le alghe, cioè veri e propri esseri viventi. L’obiettivo degli scienziati, quindi, è comprendere se su questo lontanissimo pianeta sia veramente presente una forma di vita microbica, che potrebbe quindi essere l’indizio di un processo biologico in corso su pianeta alieno.

Al momento, comunque, non vi sarebbe nulla di certo e gli esperti sono al lavoro per comprendere in che modo procedere per studiare le possibili forme di vita su K2-18b. Sembrerebbe, però, che la scoperta abbia causato un certo entusiasmo tra scienziati e dipendenti del settore scientifico, pronti ad avvicinarsi ad una delle rivelazioni più clamorose in tutta la storia dell’umanità. Nikku Madhusudhan dell’Istituto di Astronomia dell’Università di Cambridge, autore principale dello studio pubblicato sull’Astrophysical Journal Letters, non ha mai nascosto le sue speranze su questo tipo di ritrovamenti: “Questi sono i primi indizi di un mondo alieno potenzialmente abitato“.

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