Secondo i dettami della Fede cattolica, poter vedere il Papa anche dopo la morte è un gesto carico di spiritualità e gratitudine. Per rispondere a questo rito, in Vaticano, viene eseguita la tanatoprassi, affinché ogni fedele possa fare visita al feretro senza che la morte cancelli del tutto l’immagine del Santo Padre defunto. Si tratta di una procedura che si diversifica per modalità e conversazione dalla mummificazione.
Difatti, la tanatoprassi non prevede lo svuotamento del corpo o la conservazione per l’eternità, com’era prassi ad esempio nell’antico Egitto, ma di una conservazione dei corpi che viene utilizzata soprattutto in occasione dell’esposizione pubblica delle salme. Piuttosto, come spiegato dall’Istituto nazionale italiano tanatoprassi (Init), “è un procedimento moderno, rispettoso e che ha una durata temporanea”. Il fine ultimo è “mantenere un aspetto dignitoso e sereno per alcuni giorni, il tempo necessario perché il mondo possa congedarsi”, oltre ad essere un trattamento che risponde pure a “necessità igieniche”.
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Una legge divulgata nel 2022, regola e definisce la pratica come un’evoluzione moderna dell’imbalsamazione, ma che si differenzia da quella per l’uso di prodotti meno invasivi e più rispettosi del corpo umano.
Tanatoprassi, come si pratica?
Questo trattamento igienico-conservativo fondamentalmente rallenta i processi di decomposizione, permettendo di mantenere l’aspetto naturale del defunto per diversi giorni, senza ricorrere al congelamento o a procedure estreme. Nello specifico, la procedura prevede la somministrazione di sostanze conservanti tramite iniezione, oltre alla disinfezione completa del corpo, il trucco correttivo e la sistemazione delle mani e del viso, per garantire un aspetto sereno e composto.
Proprio in questi giorni di esposizione della salma di Papa Francesco deceduto il 21 aprile scorso, Andrea Fantozzi, presidente e fondatore dell’Ait (Associazione italiana di tanatoprassi), e dell’Init, che l’ha introdotta nel 1995 e che in passato si è occupato della preparazione delle spoglie dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ha spiegato nel dettaglio in cosa consiste il trattamento.
“Quando parliamo di tanatoprassi – chiarisce il professor Fantozzi – ci riferiamo a un trattamento igienico-conservativo e di cura estetica del corpo del defunto, finalizzato a rallentare in modo temporaneo i processi naturali di decomposizione, garantendo al tempo stesso un aspetto sereno e dignitoso della salma durante la veglia funebre“. Non si tratta difatti di una semplice cosmesi, ma di un vero e proprio “intervento tecnico-sanitario“, eseguito da operatori specializzati, che risponde a precise normative e protocolli professionali.
Quindi, tecnicamente consisterebbe nell’iniezione nel sistema circolatorio-sanguigno della salma di un prodotto innovativo di cui gli specialisti dell’Init detengono il brevetto. Si tratta del Fluytan, che sostituisce la formalina, fino a quel momento utilizzata ma che è risultata essere tossica e cancerogena. Questo composto può essere usato anche a livello topico, applicato con una spugna o con un pennello sulla cute del corpo per conservare la salma senza problemi tra i due e i cinque giorni.
Fantozzi ribadisce che “il sistema è del tutto innocuo e riesce anche a conservare meglio il Dna”. Infatti, la tanatoprassi presenta benefici anche nel settore della medicina legale e della polizia scientifica.
La tanatoprassi per le salme dei Papi
Il procedimento della tanatoprassi, secondo il rituale, cui si sottopongono le salme dei Pontefici, in Italia non ha ancora un riconoscimento giuridico. Difatti, al momento viene utilizzato solo in casi eccezionali ad esempio, su persone straniere che muoiono in Italia in attesa del rimpatrio nei loro rispettivi Paesi.
“Nel caso dei Pontefici, l’utilizzo della tanatoprassi ha un significato duplice – specifica il presidente Init –: da un lato assicura il decoro che si addice alla figura del Santo Padre, dall’altro permette una prolungata esposizione al pubblico omaggio dei fedeli e delle autorità, in totale sicurezza sotto il profilo igienico-sanitario”.
Quando la pratica è indicata: veglia, tumulazione e trasporto internazionale
Il procedimento di conservazione viene indicata in tre casi specifici, che secondo quanto esposto da Fantozzi, riguarderebbero la veglia funebre, la tumulazione e il trasporto internazionale. In molte culture e tradizioni religiose, la veglia rappresenta un momento fondamentale per l’elaborazione del lutto. Quindi, un corpo ben conservato e curato è fondamentale per consentire ai familiari di vivere il commiato in un ambiente sereno, igienicamente sicuro, senza il disagio di alterazioni visive o olfattive.
La tumulazione nei cimiteri, invece, che “sia in Italia che molti altri Paesi, la maggior parte delle sepolture avviene per tumulazione in loculo e senza un’adeguata preparazione igienico-conservativa, il naturale processo di decomposizione può generare problemi sanitari e strutturali“. Nello specifico, si potrebbe riscontrare il problema della fuoriuscita di liquidi, formazione di gas, danneggiamento dei loculi, e di consequenza, la necessità di interventi straordinari di bonifica. La tanatoprassi contribuisce quindi a evitare problematiche e di migliorare la sostenibilità del sistema cimiteriale.
Il trasporto internazionale delle salme è un altro caso in cui il trattamento igienico-conservativo viene applicato. “Sempre più spesso si verificano decessi lontano dal luogo di origine della persona – puntualizza Fantozzi -. In questi casi, il trattamento tanatopratico consente il rimpatrio in sicurezza, evitando la necessità di utilizzare bare ermetiche o sistemi invasivi alternativi”.
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