Così il presidente della Pontificia Accademia per la Vita commenta l’elezione del cardinale come vertice della Cei
«Don Matteo resta un sacerdote che sa legare rapporti strettissimi con tutti, la sua passione è quella di aiutare coloro che hanno bisogno. Se dovessi usare una immagine evangelica, direi che è come il buon samaritano, che in realtà si ferma davanti a tutti, anche senza cavallo. Magari si mette sulle spalle chiunque ha bisogno. Manifesta una Chiesa vicina a tutti e particolarmente ai più poveri», con queste parole monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita commenta ai microfoni di Rai Radio 1 l’elezione del cardinale Matteo Maria Zuppi al gradino più alto della Cei.
«Don Matteo, così lui vuole essere chiamato, era un giovane che viveva l’ansia del ’68 e del Concilio. Divenuto sacerdote si è immerso, come prima sua esperienza a Trastevere, un quartiere problematico, ricco di tradizioni ma anche di tanti problemi allora soprattutto nei confronti dei giovani, la droga, gli anziani – ha aggiunto il prelato – Immediatamente ha percorso queste frontiere che ha continuato poi a percorrere ancora, prima qui a Trastevere, poi in una parrocchia di periferia romana».
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