La partita del campionato ucraino è un’odissea: le sirene suonano continuamente e i calciatori sono costretti ad abbandonare il campo. La sfida finisce dopo 4 ore e 27 minuti
Evviva la normalità, è tornato il calcio in Ucraina! Qualcuno, per fortuna in pochi a dire il vero, nei giorni scorsi ci aveva provato a sfruttare il calcio d’inizio del campionato, avvenuto martedì 23 agosto, per provare a veicolare l’immagine di un Paese felicemente rivolto verso il ritorno alla propria quotidianità, alla propria esistenza, e in pieno controllo della situazione bellica.
A riportare tutti sulla Terra, manco a dirlo, ci ha pensato la sfida giocata giovedì 25 agosto da Metalist Kharkiv e Ruck Lviv. Match che, tralasciando il risultato di 2-1 in favore dei padroni di casa, è durato la bellezza di 4 ore e 27 minuti.
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Iniziata alle 15, ora locale, la sfida è terminata soltanto alle 19 e 27 minuti. Il motivo? Beh, che sorpresa, la guerra. I calciatori, infatti, sono stati costretti ad abbandonare il terreno di gioco a più riprese, per fuggire nei rifugi antiaereo installati in siti adiacenti agli stadi scelti per la disputa di queste pseudo partite.
Le sirene anti-raid, guarda caso, hanno suonato in continuazione e poco importa se poi non vi siano state effettive incursioni aeree da parte della flotta aeronautica russa: il senso di smarrimento, la sensazione di preoccupazione e l’effettivo pericolo sono rimasti lì, adagiati ai bordi del campo, come una presenza inquietante e minacciosa.
La ricerca della normalità arrivata troppo presto?
Allora torniamo a noi, chiediamocelo una volta per tutte, ha senso? Alzi la mano chi sarebbe interessato a guardare una partita in queste condizioni. I tifosi, prendiamo loro in questione dato che dei calciatori abbiamo già parlato, chi avrebbe effettivo interesse nel “tifare” la propria squadra, consapevole che il giorno seguente la propria abitazione potrebbe non essere più al suo posto o i propri cari dispersi, feriti, morti?
L’obiettivo del governo di Kiev e della Federcalcio ucraina, poi, quale sarebbe? Qualcuno ha dato spiegazioni in merito? Se, come è facile intuire, l’interesse sia quello di mostrare al mondo che l’Ucraina è ancora in piedi ed è anche pronta a guardare al domani con rinnovata fiducia, beh qualcuno avverta Zelensky e soci, una partita interrotta dalle sirene anti-aereo che suonano continuamente, di certo, non è un biglietto da visita confortante.
Quanto al calcio cosa dovremmo commentare? Partite di pallone giocate in stadi silenziosi? Calciatori che corrono dietro ad una sfera che non emoziona nessuno, probabilmente nemmeno loro stessi? Per chi giocano? Per il proprio ego, per il proprio conto in banca, per i tifosi? Se sì quali? Quelli impegnati al fronte? Quelli che non sapranno cosa ne sarà del domani, che risulta ora più che mai appeso ad un filo?
Sicuramente sarebbe più facile scrivere di emozioni suscitate dalla tenacia o dalla resilienza, per usare un termine di moda nel 2020, dell’Ucraina, che in piena guerra si permette di dare al suo popolo il sollazzo dello sport più popolare che ci sia, il calcio. Fatto sta che il realismo, come già detto, specie di questi tempi salva la vita, permette di rimanere arguti in un mondo che finge di essere sempre lo stesso, ma che in realtà muta la sua pelle giorno dopo giorno, avviandosi verso mete e destini ignoti. Il realismo, oggi più che mai fondamentale, ci impone di guardare le cose per quel che sono, ci permette di dire che giocare una partita fra costanti allarmi aerei, fughe dal campo che allungano la sfida ad una durata di 4 ore e passa, sia un esercizio inutile e forse anche controproducente. Chi oggi nega questo fatto, pur rispettando la pluralità di opinioni sia ben inteso, fa della retorica che chi vi scrive reputa un pizzico stucchevole.
Non si può far rotolare un pallone su un campo di calcio e far finta che il mondo sia quello di un anno fa, che a pochi chilometri di distanza non si stia giocando una partita più dura, sanguinosa e decisiva. La domanda che ci ponevamo qualche giorno fa era retorica, ma oggi, manco a dirlo, ha avuto una risposta: no, non serviva ricominciare il campionato ucraino.
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