“Il Padreterno corregge gli errori di un pontefice con il suo successore“. Questo, un antico detto della Roma papalina che sembra calzare a pennello nell’attuale scenario della Chiesa. Jorge Mario Bergoglio, nelle vesti di Papa Francesco, in 12 anni di pontificato ha stravolto la Chiesa, rivoluzionandola ma anche dividendola. Ora, il futuro che si prospetta e che il Pontefice ha lasciato nelle mani del suo successore vede la necessità di sanare alcune lacune lasciate ampliarsi nonché ricucire quelli che sono ritenuti essere strappi all’interno della Chiesa stessa ma anche tra Santo Padre e fedeli.
Alla morte di Papa Francesco, la Curia si trova smembrata e, allontanata dal ruvido carattere di Bergoglio che neanche in punto di morte ha ritenuto necessario riconciliarsi con quella parte della Chiesa che ha sempre considerato sua avversaria, dovrà affrontare un Conclave la cui fumata bianca dovrà presentare un Pontefice “rammendatore“, come analizzato da Marcello Sorgi su La Stampa.
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La storia millenaria della Chiesa insegna come si siano susseguite spinte rivoluzionarie a spinte conservatrici. E così, dopo l’alternanza tra la intransigente dottrina dei “valori non negoziabili” di Papa Benedetto XVI e il “rinnovamento incompiuto di Francesco“, il suo successore dovrà risolvere una serie di questioni rimaste “appese” e in attesa di risposta. Un lavoro estremamente delicato e spinoso per il quale occorre la figura di un Papa con esperienza e profonda conoscenza dei meccanismi che muovono la complessa macchina della Chiesa a livello globale.
Il successore di Papa Francesco, perché Parolin e Zuppi
Da qui è possibile immaginare gli effettivi papabili. Secondo l’editorialista Sorgi, il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, sarebbe la candidatura ideale, considerando il suo background culturale e esperienziale. Italiano ma formatosi all’estero nella scuola diplomatica del Vaticano, Parolin era stato il prescelto di Papa Francesco ma poi ridimensionato non appena percepita la sua tendenza cedevole alle “insidie del partito romano“.
Tra i favoriti, il Segretario di Stato se la batte con il cardinale Matteo Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), nonché uno dei nomi che si vociferano nei corridoi vaticani. L’arcivescovo di Bologna è stato voluto da Papa Francesco al suo fianco dopo averlo inviato nel 2015 alla guida della diocesi bolognese per farne centro della sua dottrina sociale, ordinato cardinale e poi capo dei vescovi.
Matteo Zuppi è nato a Trastevere, a Roma, tra le attività della Comunità di Sant’Egidio, e sembra il perfetto successore di Bergoglio considerando la sua devozione ai poveri e alla semplicità della vita. Ma, non si può parlare di “papabilità” di fronte a lui, perché “tanta la gioia ma anche imbarazzo per la mia persona, non mi piace stare al centro dell’attenzione. Poi penso sempre che il problema non sono io, mi apro alla grazia del Signore“. Però, il Conclave ora lo attende, “momento non facile“, confida Zuppi a La Repubblica.
I papabili
Fondamentalmente i temi da considerare per pensare di poter immaginare i porporati più in linea con il futuro della chiesa, sono i medesimi smossi ma lasciati a metà da Papa Francesco e a cui attende una risposta decisiva, oltre a comprendere si si tratta di cardinali che perseguiranno la strada bergogliana o meno. Si tratta di immigrazione, ruolo della donna nella Chiesa, apertura sulla benedizione delle coppie omosessuali e riammissione dei divorziati ai sacramenti.
Pietro Parolin proseguirebbe sulla scia di Papa Francesco, con apertura all’immigrazione, all’aumentare la presenza della dona e rimanendo neutrale in merito agli omosessuali e ai divorziati. Nello stesso modo, anche i cardinali Claudio Gugerotti, Pierbattista Pizzaballa, il portoghese, Josè Tolentino de Mendonça e il maltese Mario Grech.
Più rigidi invece, sembrano poter essere il cardinale dello Sri Lanka, Malcom Ranjith e lo svedese Anders Arborelius che si dicono conservatori su ruolo della donna, apertura agli omosessuali e alla riammissione dei divorziati mentre neutrali sull’immigrazione e non seguirebbero la linea di Bergoglio.
Chi uscirebbe dai binari percorsi da Papa Francesco sembrano essere anche i cardinali Peter Erdo e il congolese Fridolin Ambongo Besungu che, rimangono su una posizione neutrale in merito all’immigrazione e aperturisti sulla riammissione dei divorziati ai sacramenti. In fatto di maggior apertura alle donne il cardinale ungherese si dice aperturista mentre Besungu resta conservatore, posizioni che si invertono invece sull’apertura agli omosessuali.
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