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Sinner è un extraterrestre Alcaraz, un extragalattico

Lo spagnolo domina la finale degli Internazionali d’Italia. Jannik ha combattuto alla parpanel primo set, perso 7-6. Nel secondo deve aver considerato concluso il test per il Roland Garros e ha lasciato via libera a Carlitos. Al quale va riconosciuto di aver giocato un tennis stellare. Lo scambio di complimenti e di carinerie a fine match è la foto di due campioni che si stimano e sanno che per un decennio almeno non avranno rivali

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Il punteggio finale, con quel baratro fra il primo set (7-6) e il secondo (6-1) racconta di una finale degli Internazionali d’Italia combattuta il giusto da Jannik Sinner, ma affrontata all’arma bianca da Carlos Alcaraz. Il primo cercava la verifica dello stato di forma in vista del Roland Garros, che prende il via a Parigi domenica prossima, 25 maggio; il secondo cercava soltanto la vittoria in un ATP 1000, e in quello di Roma che gli mancava.

Entrambi hanno ottenuto quello che volevano? Non esattamente. Quando sei un campione di tennis scendi in campo pensando soltanto a vincere. Gli altri sono pensieri per così dire “laterali”, nel senso che Sinner dice il vero quando considerava il torneo di Roma una tappa di avvicinamento a Parigi. È ovvio, però, che una volta regolati i conti con De Jong, Ruud, Paul e arrivi al cospetto di Alcaraz l’appetito è cresciuto abbastanza per dirti che, vabbè, a questo punto perché non tentare il colpaccio.

È lo svolgimento del primo set autorizzava gli spettatori che, sì, Sinner ci aveva preso gusto. Il secondo set ci ha ricordato che oltre al gusto ci devi prendere anche le misure se l’avversario che ti guarda dall’altra parte della rete è “Carlitos” Alcaraz. Un giocatore stratosferico, che scende sulla terra rossa, habitat che preferisce al cemento di Flushing Meadow e all’erba di Wimbledon, per divertirsi come un bambino farebbe sulla spiaggia solo che al posto di secchiello e paletta imbraccia una racchetta e la agita come un’arma dalla baseline, per trasformarla nella bacchetta del mago quando si presenta sotto rete.

Pugno di ferro e guanto di velluto. Con il primo tambureggia da fondo campo, con il secondo spolvera la terra rossa sotto rete dove sciorina drop shot a ripetizione per la gioia di un pubblico che assiste incantato.

La romanità che uno immagina facinorosa e faziosa, cinica e spietata con chi non è del tuo clan, ha invece mostrato dal Centrale del Foto Italico il volto di chi, da intenditore del bel gioco, sa applaudire gli avversari e riconoscerne la potenza fisica o l’eleganza del gioco. Sinner ha retto tutto il primo set, fino al tie break. Perso dopo una serie di errori non forzati. Al sesto gioco del primo set si è fatto rimontare due palle break da Alcaraz, e già questo è insolito per uno come lui. La forza mentale, che è il perno di ogni successo nella vita ma è tutto nel tennis, si è andata affievolendo dalla fine del primo set.

Il secondo non ha avuto storie. L’unica storia era la ricerca affannosa di un game da vincere per evitare un umiliante 6-0. Incassato un game, il ragazzo di Sesto Pusteria ha mentalmente rimesso la racchetta nel borsone ed era già storto la doccia mentre Alcaraz disegnava gli ultimi ghirigori fra drop shot e lungolinea millimetrici.

Alla fine, come si diceva, l’onore delle armi. Il solito Sinner, cioè l’uomo schietto nemico di attenuanti e giustificazioni, ha reso note a Carlitos riconoscendone il dominio sulla terra rossa. E l’hidalgo venuto dalla Murcia ha ricambiato con elogi sperticati ma per niente insinceri. Ha vinto lui, ha perso l’altro. In fondo, però, sono usciti entrambi appagati. Sanno di essere i padroni del prossimo decennio di gesta tennistiche ovunque ai quattro angoli del pianeta. Alcaraz anche oltre.

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