Sempre più in crisi di risultati e di gioco, la Juventus medita sul futuro del suo tecnico. Cause e responsabilità del tracollo bianconero. Spoiler: non è solo colpa di Max
No, Allegri non è tornato. Da queste colonne di giornale avevamo parlato, post sconfitta contro il PSG, di una Juve che stava ritrovando se stessa, di un allenatore, il già citato Max, che aveva utilizzato finalmente parole da Juve, quando ha chiesto ai giocatori di responsabilizzarsi, di capire il peso della maglia indossata, invitandoli a preferire la praticità all’estrema teoria. A distanza di due settimane e tre partite in mezzo, dalla sconfitta del Parc des Princes, qui elogiata per modi e risposta postuma, è tempo di tirare una linea e fornire bilanci.
La risposta non può che essere negativa, Allegri si sta perdendo e con lui, dispiace per i tifosi bianconeri, sta affondando anche la squadra. Si può parlare di episodi, il gol annullato a Milik contro la Salernitana, il rosso per la reazione di Di Maria proprio ieri contro il Monza, qualche infortunio di troppo, ma non si può negare ciò che ormai risulta evidente a tutti: la Juve può perdere con chiunque.
Proprio la solidità difensiva, quel cinismo e quel conservatorismo tattico, che di Allegri è stata la principale arma nel suo primo quinquennio bianconero, non ci sono più. La sensazione fornita dalla squadra bianconera negli anni della gestione allegriana, caratteristica poi conservata negli anni successivi, era proprio quella di una squadra capace di vincere sempre e comunque, di trovare il guizzo, di non perdere mai la bussola nei momenti di difficoltà.
Succede che oggi, ormai svuotata della sua anima, in un processo probabilmente iniziato con Sarri, dove la società bianconera ha provato a cambiare la sua attitudine storica, la Juventus non sia più in grado di affermarsi contro avversarie più deboli ma più affamate ed organizzate. Nonostante il frontman dell’odierna disfatta bianconera sia Massimiliano Allegri, non può non essere considerata nel novero dei colpevoli anche la gestione societaria. Tralasciando la querelle fra i tifosi e Agnelli, reo di aver svuotato la passione dello Stadium, con biglietti venduti a prezzi esorbitanti e una guerra al tifo organizzato ormai paradossale e illogica, ciò che è mancato in questi anni, è stata proprio la lungimiranza della società di Corso Vittorio Emanuele, quella lungimiranza e capacità gestionale che negli anni precedenti ha permesso ai bianconeri di vincere scudetti, coppe Italia e raggiungere due finali di Champions, imponendosi fra le big d’Europa.
I più critici puntano il dito su Ronaldo, acquisto fra i più cari della storia juventina, una mossa tecnica e finanziaria risultata, a posteriori, fallimentare. Chi vi scrive la pensa diversamente, la mossa di Ronaldo è stato l’all-in di una società che voleva vincere la Champions, che aveva accarezzato il sogno per ben due volte, salvo poi rimangiarsi tutto in finale. L’errore madornale della Juve è stato quello di voler cambiare la sua filosofia, la sua essenza. Nella guerra dialettica tra giochisti, Adani leader morale, e conservatori del calcio, capitanati proprio da Allegri, Agnelli e soci hanno scelto i primi, snaturando la vera natura bianconera, la Vecchia Signora, la conservatrice per eccellenza. Sostituito Allegri con Maurizio Sarri, sua principale nemesi nei duelli scudetto contro il Napoli, la Juventus ha provato a trasformarsi. Il tentativo, nemmeno troppo nascosto, di europeizzarsi, raggiungere una dimensione internazionale e meno italianista, più basata sulla compattezza e la speculazione sugli errori avversari, è miseramente fallito.
L’esonero di Sarri, per il quale a nostro avviso ha svolto un ruolo di primo piano lo stop ai campionati causato dalla pandemia, ha rappresentato uno spartiacque decisivo. Fuori Sarri, dentro Pirlo alla prima esperienza in panchina. Tanta filosofia, belle parole, signorilità, ma la Juve ha continuato a non girare, ponendosi come un ibrido fra il bel gioco e la natura di squadra conservatrice. Un ibrido incapace di vincere lo scudetto, finito in tasca ad Antonio Conte e la sua Inter, fallendo partite decisive ed incartandosi su se stessa in Italia e in Europa.
Alla fine della stagione, fra picchi di grande calcio e partite giocate a ritmi talmente bassi da far annoiare persino i calciatori stessi, un quarto posto striminzito ha nascosto i problemi. Nell’estate del 2021 ecco che torna il figliol prodigo, Massimiliano Allegri. Tornato per riportare la Juve nella sua dimensione di squadra sorniona, conservatrice, non bella ma vincente, la sensazione è che non si sia ancora riuscito a calare nella nuova dimensione del club. L’addio di Ronaldo ha complicato i piani del primo anno, oggi potemmo dire che gli infortuni stiano rendendo complicata la sua gestione del gruppo, ma saremmo ciechi di fronte all’evidenza.
La realtà, ormai non più negata nemmeno dallo stesso Allegri, vedasi le dichiarazioni di Landucci, il suo vice, nel post gara col Monza, è che questa squadra, questa società, siano ormai in una fase di implosione. Aver mollato la tradizione storica bianconera, espressione del calcio italiano per antonomasia, ha causato un corto circuito nella testa dei giocatori e dei dirigenti, snaturare quel modo di pensare il calcio, ma soprattutto di farlo, ha portato ad un punto di rottura. Fra spogliatoio privato della sua anima, leggasi i Chiellini, i Barzagli e i Buffon, acquisti sbagliati, giocatori non da Juve chiamati a sostituire campioni indiscussi ma ormai forse fuori dal calcio che conta, vedi Di Maria e Pogba, atleti che non possono e non riescono a gestire il peso della maglia.
Le soluzioni? Probabilmente Allegri ha finito la sua corsa in bianconero, del resto si sa, i grandi ritorni funzionano poco, soprattutto nel calcio. Ciò che dovrebbe fare la Juve, e dovrebbe farlo oggi, è trovare una rescissione consensuale col suo tecnico, ormai sconfitto nella battaglia ideologica contro i profeti del “bel gioco”, e mettere sotto contratto un allenatore, vedasi Zidane, conoscitore dell’ambiente ed in grado di ridare lustro alla squadra bianconera, coadiuvando la necessità di affrontare le innovazioni del calcio, che cambia ogni anno, e la volontà di recuperare la mentalità e la tradizione bianconera.