L’attesa sembrerebbe ormai esser giunta al termine. Dopo anni di silenzio, Giulio Elia Sabatello, in arte Lowlow, è pronto a tornare con un nuovo lavoro. Un progetto diverso da quanto fatto precedentemente che, come sottolineato anche da lui, entrerà all’interno di una visione più generazionale, dove l’io lascerà spazio al noi e che rappresenterà la vetta più alta di un lungo percorso di maturazione.
A parlarne è stato Lowlow in ESCLUSIVA ai nostri microfoni. Queste le sue parole: “Sto lavorando su della musica nuova e l’obiettivo è far passare la narrazione dall’io, io con le mie manie, io con le mie incazzature, al noi. Un racconto più generazionale e aperto. Per fare ciò c’è bisogno di aprire ed è nelle debolezze che si apre la porta dell’interesse e si va a rappresentare gli altri. Mi sono preso del tempo per capire quale fosse la mossa giusta. Adesso sono in una situazione stabile ed è il motivo per il quale abbiamo ricominciato ad accendere i motori. Non mi sono mai fermato, ho scritto tanto e ho un lavoro che prende ispirazione dal momento di grande confusione che ho vissuto. Per me è stata una pausa di maturazione”.
Chi è Lowlow?
Per molti potrebbe anche risultare ignota l’identità di tale artista. Nato a Roma, il 4 settembre del 1993, Giulio Elia Sabatello è sempre stato considerato un ragazzo prodigio, fin dai suoi primi passi nel mondo del freestyle. Un’artista bisognoso di esprimere i propri pensieri, i propri stati d’animo, talvonta lasciandosi trasportare dalla sua rabbia e dalla sua necessità di rivolta eccedendo, così, nei modi.
“Giulio e Lowlow non sono sempre stati la stessa persona perché quando Giulio si intristiva Lowlow si arrabbiava. Lowlow è un’entità che si è trovata spesso ad avere ragione ma ad essere talmente incazzato da reagire troppo, andare fuori dalle righe e passare dalla parte del torto. In questo momento non sono più scisso, sono la stessa persona”, questo quanto Giulio ci ha raccontato. Ed è proprio lungo la linea della lotta contro le ingiustizie di Rimbaud e dei Poeti Maledetti che nasce il primo nome d’arte dell’artista romano: ‘Poeta Incazzato‘.
Un soprannome che rappresenta solo il punto di partenza di un’artista a 360° che, poco dopo, verrà ribattezzato come Lowlow. Questa la rivelazione di Giulio: “Da ragazzino avevo appena studiato ‘I Poeti Maledetti’ che piacevano molto a mio padre. Wow fichissimo Rimbaud scriveva quelle bombe e decisi di chiamarmi Poeta Incazzato. In realtà avevo anche un altro soprannome perché ai miei genitori avevo detto senza motivo, come se fosse una rivelazione dell’identità, che mi dovevano chiamare Lolo. Visto che mia madre mi portava ai contest, questa cosa la sentì Hyst il fratello di Gesto e disse: ‘Wow Lolo, Lowlow, questo dovrebbe essere il tuo nome”. Se in più ci metti che non sono un metro e 90 funziona”.
Le soddisfazioni e il successo non hanno di certo faticato ad arrivare perché, nel caso di Lowlow, talento e duro lavoro sono sempre andate a braccetto per la stessa strada. Le collaborazioni con Briga e Gemitaiz sono la prova della voglia di fare di Giulio e del suo “avere bisogno di un qualcosa da sviluppare, da inseguire come una visione verticale del mondo, la ricerca dell’eccellenza”.
Una continua voglia di crescere che lo ha portato anche a stringere un grande legame con Mostro, con il quale ha costruito un rapporto che è rimasto duraturo negli anni. Più di un semplice collega, un amico che è riuscito a vedere, a differenza di molti altri, cosa Lowlow avesse dentro e i risultati hanno poi dato ragione ai due artisti. ‘Supereroi falliti’ è forse il capolavoro più grande nato da questa collaborazione della quale ha parlato anche lo stesso Giulio: “Con Mostro abbiamo avuto un rapporto pazzesco perché era una competizione sana. Io ero matto come una scimmia azteca, ma Giorgio è stato l’unico in grado di vedere che tutta questa competitività veniva dall’insicurezza ed era accompagnata da una grande voglia di fare bene. Dal punto di vista umano è stata la persona con la quale mi sono capito di più”.
Ulisse: un bisogno espressivo senza eguali
Ciò che è sempre stato, ed è, il punto forte di Lowlow è il suo arrivare diretto, dire le cose per come stanno senza girare attorno ai concetti. Ed è proprio in questi momenti che la sua capacità espressiva raggiunge i massimi livelli, riuscendo così a coinvolgere tutti coloro che lo ascoltano. Tra i pezzi che meglio rappresentano questo suo modo di essere e di rapportarsi con la musica c’è ‘Ulisse’, con il quale l’artista romano ha ottenuto due dischi di platino. Un testo particolare e che parla di un ragazzo come tanti, Nico, che vuole dire ad un mondo che non lo ascolta cosa pensa, cosa sente, cos’ha dentro, arrivando così a compiere il gesto estremo della rapina per farsi finalmente ascoltare da chi ha intorno.
“Io non farei mai una rapina come si può magari captare da Ulisse. Il main focus di Ulisse è l’urgenza espressiva. La rapina è un espediente letterario per permettere ad un ragazzo inventato da me, Nico, di fare un monologo ed esprimere le sue frustrazioni nei confronti della società”, queste le parole di Lowlow. Una società nella quale vivere e convivere è diventato sempre più complesso, nella quale siamo consapevoli dell’esistenza di un nemico che, però, non riusciamo ad individuare.
La stessa canzone, infatti, enfatizza tale aspetto: ‘Vuoi sapere perché la gente non ha più idee, è perché loro vogliono così, ma lo sai qual è la cosa divertente è che io parlo di loro, la domanda è loro chi’. Ha così continuato Lowlow: “C’è una rabbia cieca perché in questo momento è difficile anche individuare il nemico. Prima, durante le guerre, i nemici avevano un volto, noi invece questo grande nemico c’è, ma non lo vediamo”.
Borderline: un disturbo delicato
Ma tra i grandi capolavori di Lowlow sarebbe ingiusto ricordare solamente Ulisse. Nel 2017, infatti, ad irrompere fu un lavoro ben più complesso degli altri: ‘Borderline‘. Un pezzo fatto di ricerca e studio dove Giulio ha toccato con grande sensibilità una tematica delicata come il disturbo Borderline. Una problematica legata alla personalità che spesso sfocia in comportamenti autolesivi, sempre più diffusi nei giovani dell’era post Covid 19. Un successo non solo musicale, ma anche sociale e nel quale molte persone si sono ritrovate traendone grande forza e consapevolezza.
Queste le parole di Lowlow: “Io vengo da una famiglia di strizzacervelli, c’è interesse verso le malattie mentali che, almeno solitamente, colpiscono le persone intelligenti e non quelle sciocche. Sono stato attento a scrivere Borderline, raccontando un personaggio e mostrando rispetto verso il mondo femminile con dei disturbi come il self cutting. Ho cercato e ho letto tanto, ho creato un’ambientazione a questa storia con il piccolo paesino che non permette di sognare, il computer come mezzo per uscire e che allo stesso tempo è pericolosissimo. Volevo creare un rapporto tra due amiche dove ce ne sta una più spregiudicata e l’altra più stabile e forte. Credo di essere riuscito in questo lavoro”.
Che fine ha fatto Lowlow?
Questa è, forse, la domanda che più negli ultimi due anni è sorta nelle menti dei fan più accaniti, e non solo, di Lowlow. L’assenza di live e di nuovi brani ha fatto preoccupare molti al punto da pensare che Giulio avesse mollato definitivamente il mondo della musica, che lo ha accolto che era ancora un bambino. La verità, però, è ben più intima ed è radicata nel profondo io dell’artista che ha vissuto un vero e proprio momento di depressione.
Queste le sue parole: “Ho avuto un momento lo scorso anno, in una fase di inattività, di forte depressione. Ho parlato per tutta la mia carriera di depressione senza sapere cosa fosse e alla fine l’ho conosciuta anche io. Il punto non era che non riuscivo a scrivere, ma non ne avevo voglia, stavo troppo male e a questo ci si potrebbe collegare una mitizzazione del dolore del giovane Wherter. La verità è che per fare qualcosa di buono, anche se devi parlare dei più grandi traumi della tua vita, devi stare bene sennoò non scrivi. Bisogna mollare l’ideale dell’artista sofferente al 100% perché se stai male male male non esci neanche dal letto”.
Insomma proprio come Werther, protagonista del romanzo epistolare di Goethe, anche Lowlow ha vissuto dissidi interiori, tormenti insopportabili e angoscie che lo hanno portato a prendersi una pausa. Un periodo di stop che è servito a Giulio per trovare stabilità, per farsi coraggio nel riprendere ciò che aveva lasciato in sospeso e tornare sulla scena più carico di prima. Una storia significicativa e che lancia un messaggio a tutti coloro che si trovano in un momento buio della loro vita perchè, come diceva anche Friedrich Nietzsche, ciò che non ci uccide ci rende più forti.
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