Si è spenta in un ambulatorio romano non autorizzato, vittima di una liposuzione che doveva promettere leggerezza e bellezza. Invece, ha trovato la morte. Un caso che riaccende tragicamente i riflettori su un fenomeno sempre più inquietante: l’illusione letale del bisturi low-cost.
A rendere ancora più urgente la riflessione è il recente bilancio diffuso dai NAS: oltre 1.100 controlli effettuati tra centri estetici e studi di medicina estetica in tutta Italia hanno portato all’individuazione di 132 strutture non conformi e alla denuncia di 104 titolari o operatori. “Bene l’operazione dei NAS d’intesa con il Ministero della Salute. Dati che confermano ciò che denunciamo da anni: in Italia si opera troppo spesso nell’illegalità, con attrezzature non idonee e personale non qualificato,” commenta il Dott. Giovanni Schiavone, chirurgo plastico e ideatore del progetto Rinoplasticainospedale.it. “È un’emergenza sanitaria, prima ancora che giudiziaria. Chi si affida al risparmio rischia di perdere tutto, anche la vita.”
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La corsa al prezzo più basso: quando il risparmio costa la vita
Nell’Italia del 2025, la chirurgia estetica ha smesso di essere un lusso riservato a pochi: è diventata una corsa a chi offre il prezzo più basso, con promozioni accattivanti e foto patinate su Instagram. Ma dietro a quegli sconti, si nasconde spesso un incubo: ambulatori improvvisati, senza defibrillatori, TAC o personale preparato per gestire complicazioni.
“Il problema è culturale ancor prima che normativo”, sottolinea Schiavone. “Si sceglie un chirurgo come si sceglie un influencer: due foto, qualche video virale, magari un prima-e-dopo modificato con Photoshop… e ci si affida al primo bisturi che promette miracoli”.
Quando il “low cost” diventa “no safety”
La donna deceduta nei giorni scorsi si era rivolta a un ambulatorio non autorizzato, sprovvisto dei requisiti minimi di sicurezza. Nessuna possibilità di ricovero post-operatorio, nessun reparto di rianimazione, nessun protocollo di emergenza. “Se qualcosa va storto, quel posto è in grado di salvarti la vita? Se la risposta è no, scappa.”
È questa la domanda-chiave che, secondo il Dott. Schiavone, ogni paziente dovrebbe porsi prima di un intervento. Non serve essere esperti: serve buon senso.
Ospedale vs. ambulatorio: non è solo questione di estetica
“Le persone spesso dimenticano che la chirurgia estetica è una chirurgia vera e propria”, spiega Schiavone. “Un ospedale ha anestesisti, rianimatori, infermieri specializzati, macchinari salvavita. Un ambulatorio, troppo spesso, ha solo una sala vuota e tanta apparenza. E non ne esci sempre.”
Il progetto Rinoplasticainospedale.it nasce proprio da qui: riportare la chirurgia estetica nel suo contesto naturale, l’ospedale, dove la bellezza è un diritto, ma la sicurezza è un dovere.
Il bollino blu che può salvarti la pelle
Esistono criteri di accreditamento regionali e un “bollino blu” che certifica le strutture autorizzate a effettuare interventi con ricovero. Ma troppo spesso queste informazioni passano inosservate. “Inseguire il prezzo più basso vuol dire tagliare sulle spese, e quindi sulla sicurezza. È un’equazione tanto semplice quanto letale”, denuncia Schiavone.
Instagram non è il curriculum di un chirurgo
Una denuncia forte anche verso i social, ormai diventati vetrina e mercato della chirurgia estetica. “Il 90% delle foto che vedete online sono ritoccate. Se il naso operato è perfetto e lo sfondo è nero pece, probabilmente è stato ‘filtrato’ tanto quanto un tramonto su TikTok. E i video di pazienti ancora sotto anestesia? Sono solo una trovata di marketing borderline.”
La verità sta altrove, e secondo il chirurgo romano si trova in una domanda vecchia come il mondo: “Dove ha studiato questo medico? Quanta esperienza ha? In che struttura opera?”
Domande che possono salvare una vita. E che, purtroppo, una giovane donna non ha avuto il tempo di farsi.
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