Saranno circa 20 le opere esposte dal 21 giugno al 2 ottobre 2023 a Palazzo Baldeschi a Perugia
Per rendere evidente il legame artistico che, a distanza di quasi 500 anni, unisce idealmente l’arte del Perugino con l’opera di Alberto Burri, sarà inaugurata a giugno 2023, “NERO Perugino/Burri”, voluta da Fondazione Perugia.
Le coincidenze tra Alberto Burri e il Perugino
“L’intuizione di mettere a confronto i due maestri – ha spiegato la Presidente della Fondazione Perugia Cristina Colaiacovo – si è sviluppata a partire dal desiderio di valorizzare, in occasione del Cinquecentenario, il gioiello più prezioso della collezione d’arte di proprietà della Fondazione: la tavoletta del Perugino “Madonna con il Bambino e due cherubini”. Da qui ha avuto origine il percorso, che inizialmente doveva essere dedicato al solo Pietro Vannucci e che, successivamente, ci ha condotto, grazie alla competenza dei curatori, a una mostra originale che rappresenta una vera novità nel panorama espositivo”.
Saranno circa 20 le opere esposte dal 21 giugno al 2 ottobre 2023 a Palazzo Baldeschi in Corso Vannucci a Perugia: le opere giungono da importanti prestiti di prestigiosi musei, a partire dalla Galleria Nazionale dell’Umbria fino alla Galleria degli Uffizi e al Museo del Louvre. Le opere dei maestri Rinascimentali e del Perugino hanno, infatti, rappresentato per Burri una fondamentale fonte di ispirazione. L’elemento più evidente che accomuna le opere in mostra è lo sfondo nero, privato quindi delle ambientazioni paesaggistiche o prospettico-architettoniche e che rappresenta una grande innovazione per l’epoca del Perugino ed uno dei tratti più ricorrenti nell’opera di Burri.
Lo stesso Burri – negli anni Ottanta – era solito ripercorrere le vie del Rinascimento dell’Italia centrale insieme ai suoi più cari amici come Nemo Sarteanesi. “È questo un dialogo dalle radici lontane e che trova conferma nelle linee, nelle forme e nelle sensibilità cromatiche che uniscono i due grandi artisti” afferma Vittoria Garibaldi che ha curato la grande mostra sul Perugino del 2004.
“Le affinità (…) risiedono nel rapporto tra le loro opere che Brandi ha definito “allotropico” – afferma il curatore suo Bruno Corà – cioè di creazioni che pur avendo aspetti diversi sono accomunate da una stessa sostanza: essa riguarda, infatti, oltre il colore nero, l’esigenza irrinunciabile di forma, spazio ed equilibrio nell’opera”.