Elly Schlein sembra intenzionata a riaprire il dibattito relativo alla regolamentazione del suicidio assistito, affermando che la proposta di legge affossata in Veneto due giorni fa è stata una grande occasione mancata. La Segretaria del Partito Democratico si dice pronta a discutere la legge in Parlamento. “Siamo qua per rilanciare alcune proposte di legge” afferma Schlein, “come quella per assicurare un fine vita dignitoso, è parte del programma del Pd, della mia mozione. E’ un’occasione persa, quella del Veneto, che voleva solo dare dei percorsi attuando quanto previsto dalla Corte“.
Nel corso della votazione in Veneto, i voti di favorevoli e contrari hanno raggiunto una perfetta parità, 25 contro 25. Una condizione in cui un solo voto avrebbe potuto cambiare le sorti della legge, e infatti sono state determinanti tre astensioni (soprattutto quella inaspettata della consigliera PD Anna Maria Bigon) a non permettere che si raggiungesse la maggioranza assoluta necessaria a far passare la legge. La loro partecipazione alla votazione ha aumentato il numero necessario per il raggiungimento della maggioranza, ma la decisione di astenersi dal voto ha portato alla parità bloccando la legge.
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Elly Schlein ha anche discusso il comportamento di Bigon, commentando con durezza la scelta della consigliera, considerandola non rispettosa della linea di condotta del partito. “Che la destra abbia sconfessato Zaia non stupisce“, afferma Schlein, “ma è una ferita che ci sia stato un voto del Pd. Se il gruppo del Pd vota a favore e ti chiede di uscire dall’aula, è giusto uscire dall’aula, perché l’esito di quella scelta cade su tutti. Siamo per la regolamentazione del fine vita“.
A cosa sarebbe servita la legge sul fine vita?
Il governatore della regione Veneto, Luca Zaia, che si era battuto in prima persona a favore della legge sulla definizione delle tempistiche dei processi di fine vita, ha comunque rispettato il risultato della decisione. “Questa è la democrazia” ha affermato Zaia, “… domani mattina i pazienti terminali, alla luce della sentenza della Consulta, sanno che possono chiedere comunque l’accesso al fine vita. È la prova provata che questa proposta di iniziativa popolare non serviva ad autorizzare il fine vita, ma stabiliva i tempi per le risposte“.
In effetti, in Italia, grazie alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale è attualmente possibile richiedere il suicidio medicalmente assistito. Il processo, effettuato con l’aiuto indiretto di un medico, può essere attuato solo in presenza di quattro specifici elementi nella condizione clinica del richiedente. La persona in questione deve essere riconosciuta come capace di comprendere lucidamente la propria decisione, deve avere una patologia irreversibile da cui deriva una grave sofferenza di natura fisica o psicologica, e deve pertanto sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale indispensabili.
L’applicazione della procedura risulta ad oggi ancora molto lunga e complessa, ostacolata spesso da posizioni ideologiche che poco hanno a che fare con il diritto dei pazienti di decidere della propria vita. La legge votata nella regione Veneto aveva lo specifico intento di istituire una Commissione medica permanente in grado di gestire le richieste e confermare la presenza dei requisiti richiesti dalla sentenza della Corte Costituzionale.
Una specificazione che forse non è arrivata all’orecchio di Matteo Salvini, che ha voluto precisare che se avesse avuto la possibilità di votare, anche lui avrebbe deciso per il no come una grossa fetta dei rappresentanti del centrodestra. Ha inoltre motivato la sua risposta affermando che “la mia posizione è assolutamente chiara, la vita va tutelata dalla culla alla fine, bisogna garantire tutte le cure necessarie alle future mamme e a coloro che sono in difficoltà alla fine dei loro giorni però senza arrivare ai livelli olandesi”.
Una legge civile che cozza con i valori morali
Nonostante l’obiettivo della legge di organizzare e semplificare il processo per quello che lo stesso Zaia ha definito “legge di civiltà”, molti dei partecipanti al voto hanno preferito seguire le proprie convinzioni morali sulla questione generale, decidendo per il no. Compresa la cattolica Bigon verso cui la capogruppo PD Vanessa Cavani ha affermato con amarezza che “…il rammarico sta nel fatto che la consigliera (Bigon), pur consapevole che il suo voto avrebbe fatto da ago della bilancia, cosa che le è stata ricordata, non abbia optato per una scelta diversa, dimostrando così un atteggiamento non rispettoso e che acuisce le distanze all’interno del gruppo“.
“Da domani mattina i pazienti terminali potranno comunque chiedere l’accesso al fine vita, alla luce della sentenza del 2019” ha affermato il governatore Zaia. E in effetti ci sono già stati dei precedenti di suicidio assistito, anche nella regione Veneto. Il 50enne Stefano Gheller che da tempo combatte contro una terribile malattia degenerativa, ha ottenuto a ottobre scorso l’autorizzazione a effettuare il proprio suicidio assistito. Decisione che potrà attuare in piena libertà se e quando vorrà.
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