Università, la riforma Bernini non convince: a rischio aumento del precariato?

"La precarietà è quella vissuta fino ad oggi, incentivata dagli assegni di ricerca che non riconoscono diritti e che abbiamo deciso di non prorogare più" ha sostenuto la ministra, difendendo il ddl sulla ricerca universitaria

Redazione
5 Min di lettura

Il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, difende a spada tratta il disegno di legge sulla riforma dell’Università, che si prefigge il compito di porre fine alla precarietà accademica. Un provvedimento, approvato dal Consiglio dei ministri, che ha scatenato la furia dei sindacati e delle associazioni che ritengono che le modifiche previste non migliorino la situazione, ma lavorino per peggiorarla.

Bernini, però, non è della stessa opinione: “La precarietà è quella vissuta fino ad oggi, incentivata dagli assegni di ricerca che non riconoscono diritti e che abbiamo deciso di non prorogare più. Da gennaio, senza gli assegni di ricerca, sparisce quello che era nei fatti un ricercatore-fantasma“. Non tutti, però, sono d’accordo con il piano della ministra. Il mondo accademico, infatti, vede nella riforma un “possibile ritorno al precariato” e per questo hanno annunciato mobilitazioni per evitarne l’approvazione in Parlamento.

Bernini ha comunque continuato a portare avanti la sua visione, sostenendo che il ddl risponda alla necessità di colmare una lacuna storica del sistema contrattualistico e borsistico delle università italiane. Un punto su cui Bernini e sindacati sono d’accordo, anche se le modalità scelte dal ministero non sembrano affatto efficaci per risolvere il problema. Il ministero ha comunque precisato che i contratti stipulati nel 2022 rimarranno in vigore, affiancati da contratti che introducono nuove figure nel mondo accademico.

Cosa prevede il ddl sulla ricerca

Il disegno di legge introduce due nuove tipologie di “borse di assistenza alla ricerca“, una rivolta ai laureati magistrali o a ciclo unico e l’altra “senior” destinata ai dottori di ricerca. Entrambe le borse hanno una durata variabile, compresa tra uno e tre anni, e prevedono un trattamento economico che dovrà essere deciso da un decreto del Ministero. I contratti di assistenza alla ricerca non sono compatibili con altri rapporti di lavoro subordinati a soggetti pubblici o privati o ad assegni di ricerca provenienti da altre università, istituzioni o enti di ricerca. In questo modo, secondo Bernini, sparirebbe il cosiddettoricercatore fantasma” che avrebbe ora dei diritti così come dei doveri.

Anna Maria Bernini, G7 Bologna
Anna Maria Bernini, ministra dell’Università e della Ricerca

Il ddl inoltre prevede la creazione di un contratto postdoc, riservato solamente ai dottori di ricerca che permetterà loro di svolgere attività di ricerca e di collaborare alle attività didattico con “un trattamento economico equiparabile a quello dei ricercatori confermati a tempo definito“. Anche in questo caso, la durata del contratto sarà compresa tra uno e tre anni e l’importo minimo della retribuzione sarà deciso dalla ministra. Altra novità è quella della figura del “professore aggiunto“, ovvero una figura esterna che potrà svolgere attività di didattica, ricerca e terza missione all’interno delle università.

Il suo contratto potrà avere una durata compresa tra i tre mesi e i tre anni e sarà selezionato tramite chiamata diretta del Consiglio di amministrazione, quindi senza una valutazione da parte dei Dipartimenti o di commissioni accademiche. Proprio su questo punto, i sindacati e le associazioni sono insorte, poiché i compiti di cui si dovrà occupare il “professore aggiunto” non sono stati definiti e le modalità della sua assunzione non sono state giudicate coerenti con il settore in cui dovrà operare, ovvero quello accademico. La preoccupazione principale è che con l’aggiunta di tutte queste nuove figure si vada incontro ad una frammentazione delle carriere accademiche, portando quindi nuova precarietà.

Bernini: “La riforma restituisce dignità alla ricerca

La ministra Anna Maria Bernini ha sostenuto che la riforma contenuta nel ddl potrà solo offrire nuove opportunità al mondo della ricerca e allo stesso tempo potrà “restituire dignità alla ricerca, anche nelle sue tutele“. Non vi è quindi alcun pericolo per i lavoratori del settore accademico, perché “le nuove figure contrattuali non tolgono nulla, ma aggiungono opportunità“. La ministra spiega infatti che dal suo punto di vista “la precarietà non è legata alla varietà dei contratti, ma dalla durata eccessiva dei rapporti a termine“.

Bernini comunque non chiude alla possibilità che il ddl possa essere modificato, perché “tutto è migliorabile, soprattutto senza gli occhiali del pregiudizio“. Il ministero è dunque pronto a confrontarsi, anche perché “dopo aver parato con i sindacati, abbiamo deciso di optare per il disegno di legge affinché si aprisse un dibattito“. La ministra ha poi annunciato che a settembre è previsto un confronto con tutte le parti interessate, sia in Parlamento che al Mur.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo